La grande bellezza, titolo del film di Paolo Sorrentino, premio Oscar, come ossimoro della condizione dell'industria metalmeccanica italiana, motore del boom economico degli anni '60, oggi in preda ad un vero e proprio "sboom" nel mare magnum della globalizzazione imperante. Ma la Fim-Cisl non ci stà più a subire questa situazione, rifuggendo dai palcoscenici televisivi dei talk-show, ormai sempre più show che talk, dove il chiacchiericcio si rincorre dietro questo o quell'argomento, tutti importanti per carità, ma distanti anni luce dalle reali esigenze dei cittadini e dei lavoratori. E la manifestazione della Fim-Cisl nel cuore di Roma, davanti ai palazzi del potere, dove le storie dolorose di 32 lavoratori, facevano da controcanto ai tanti turisti soprattutto stranieri, presenti a Roma, è la dimostrazione di chi vuole scuotersi da questo torpore asfittico. E così l'industria, di fronte all'inconcludenza asfittica di una classe politica sempre più narcisista, che sta ballando sul Titanic, ha perso competitività e peso, anche perché il sistema paese ha preferito premiare le rendite finanziarie e le delocalizzazioni, a danno di chi produce ricchezza in virtù dell'economia reale. E nonostante tutto l'industria metalmeccanica tricolore è la seconda in Europa dietro la locomotiva germanica. Basti pensare alle vicissitudini del settore dell'elettrodomestico in Italia, una volta superpotenza del settore ed ora semplice comparsa, paradigma dell'industria metalmeccanica italiana, dove si sono inseguite tante chiacchiere e nessun fatto, con la politica ed il Governo che non sono riusciti a dare vita ad un tavolo permanente sulla crisi di questa filiera, secondo settore per occupati in Italia, dietro l'automotive, con il risultato, questo si concreto, di vedere le migliori aziende del Belpaese nel migliore dei casi passare sotto mani straniere, come accaduto a luglio alla Indesit.
Ma la migliore soluzione quale è? Così come fanno certi animali per rifuggire dai predatori, si crea il polverone per confondere le idee all'avversario e qualcuno per giunta ci casca pure... E quindi invece di sfruttare il poco tempo a disposizione per cercare di cambiare l'inerzia di un destino che appare segnato, quello dell'industria metalmeccanica italiana, si preferisce scatenare un putiferio intorno al totem dell'articolo 18, pur sapendo che esso, essendo passati oltre quaranta anni dalla sua stesura, non creerà ne farà perdere un solo posto di lavoro. I lavoratori sono licenziati si, ma perché purtroppo le aziende spariscono e forse qualcuno, preso da vecchie liturgie degli anni settanta, di questo non se ne è accorto, con la speranza che alla fine paghi sempre pantalone, ma questa volta non è così. Se non ci sarà una politica industriale che metta in campo risorse e strategie di lungo termine, sarà difficile se non impossibile uscire dalle sabbie mobili che hanno affossato il Belpaese e la sua economia a livello terzomondistico. Non si può più contare in quel mix di interventismo politico, liturgie sindacali, burocrazia, autolesionismo, capitalismo di relazione, ecc... per risollevare le sorti dell'industria italiana, per la quale il termine "game over" si avvicina sempre di più. Le forzature del Governo e il ricorso allo sciopero sull’articolo 18, oltre ad apparire quanto meno fuori luogo, riporterebbe il Paese venti anni indietro e non servirebbe a creare nuovo lavoro, né al Governo ad ottenere “benevolenza” in Europa, farebbe solo la fortuna dei soliti noti, nostalgici degli anni ’70, presenti nel sindacato e tra le file del Governo.
Non sono le regole sul mercato del lavoro né tantomeno la soppressione dell’articolo 18 che potranno rilanciare l’economia e l’industria e far crescere il lavoro.
Il Governo deve cambiare agenda e priorità e mettere al centro della sua azione il rilancio degli investimenti e dell’industria nel nostro Paese, l’unica e concreta condizione per superare le tante crisi aziendali, far ripartire la crescita e dare speranza di nuovo lavoro ai giovani.
Non sono le regole sul mercato del lavoro né tantomeno la soppressione dell’articolo 18 che potranno rilanciare l’economia e l’industria e far crescere il lavoro.
Il Governo deve cambiare agenda e priorità e mettere al centro della sua azione il rilancio degli investimenti e dell’industria nel nostro Paese, l’unica e concreta condizione per superare le tante crisi aziendali, far ripartire la crescita e dare speranza di nuovo lavoro ai giovani.
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