sabato 21 settembre 2013
EX ANTONIO MERLONI, IL GIUDICE ANNULLA LA VENDITA A PORCARELLI
Continua l'odissea negativa dell'economia fabrianese, del quale l'elettrodomestico è stato il fattore trainante dagli anni sessanta ad oggi. Infatti, secondo quanto si apprende dagli organi di informazione locali, il giudice di Ancona Edi Ragaglia ha annullato la vendita della Antonio Merloni di Fabriano al gruppo Porcarelli.
Il dispositivo è stato pubblicato questa mattina: la sentenza, 35 pagine, annulla tutti gli atti preliminari e il contratto della cessione dell'azienda degli elettrodomestici.
Il costo dell'operazione, approvato dal comitato di vigilanza previsto dalla legge Marzano, è stato pari a circa 10milioni di euro, più 3 milioni di crediti a cui Porcarelli ha rinunciato e che vantava nei confronti della precedente gestione della Ardo.
La cifra pattuita, però, è stata giudicata bassa secondo un pool di banche - Mps, Unicredit, Banca Marche, Bpa, Carifac, CariFirenze e Popolare di Ancona, tutte creditrici nei confronti della precedente gestione della Antonio Merloni per circa 178milioni di euro - che hanno promosso una causa per chiedere l'annullamento della vendita effettuata dall'Amministrazione straordinaria allo stesso Porcarelli.
Secondo il consulente del tribunale il prezzo della vendita si sarebbe dovuto aggirare intorno ai 54 milioni di euro.
Nelle motivazioni è specificato che sono estranee alla sentenza tutte le questioni afferenti il mancato rispetto dell'impegno assunto al mantenimento dei posti di lavoro e all'effettiva prosecuzione dell'attività lavorativa.
La sentenza, attesa da mesi, getta un cono di incertezza sul futuro dei 700 ex lavoratori del gruppo elettrodomestico dell’Antonio Merloni, riassunti dalla J. P. dell’imprenditore Giovanni Porcarelli, anche se la gran parte è attualmente in cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione.
La cessione del complesso industriale del minore dei fratelli Merloni, Antonio, era avvenuta il 27 dicembre 2011, dopo anni di amministrazione straordinaria e una complessa trattativa gestita da tre commissari nominati dal ministero dello Sviluppo economico. Contro la vendita dei tre stabilimenti A. Merloni di Santa Maria e Maragone a Fabriano e quello Gaifana (Nocera Umbra), e dei marchi Ardo e Seppelfricke, ritenuta di fatto una liquidazione di uno dei colossi del contoterzismo del bianco, il 20 febbraio 2012 avevano presentato ricorso la Mps Gestione Crediti Banca spa, Unicredit Management Bank, Banca delle Marche, Banca Popolare di Ancona, Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana, Banca Cr di Firenze, Banca dell’Adriatico.
Il Tribunale, ha dato sostanzialmente ragione alle banche, sostenendo che l’operazione di cessione, avvenuta sotto l’egida del Mise, ha “violato un vincolo diretto a salvaguardare, nell’ambito della pluralità degli interessi, quello dei creditori”.
Il collegio ha rilevato anche varie violazioni delle “norme imperative relative al criterio di determinazione del valore” del complesso industriale, tali da “inficiare l’intera operazione di vendita per illiceità”'.
La sentenza “compensa tra le parti le spese di lite”, e ordina all’Agenzia delle Entrate di “procedere alle rettifiche e integrazioni conseguenti alla presente decisione”.
Resta il fatto che 700 operai ex Ardo che speravano di aver ritrovato un posto di lavoro solido e duraturo, temono che possano finire come le circa 1.300 tute blu cassaintegrate della Antonio Merloni.
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