lunedì 20 luglio 2015

TEMPERATURE INSOPPORTABILI AL LAVORO, COSA DICE LA LEGGE...

Un luglio 2015 bollente, forse il più caldo di sempre in Italia, Caronte sta causando sull'Italia una vera e propria "Hot Storm", la tempesta di caldo e afa più calda degli ultimi 50 anni. 
Sicuramente svolgere la propria attività lavorativa è operazione non sempre facile, non sempre si ha l'aria condizionata o l'impianto di climatizzazione. 
Non esistono però al momento attuale, anche alla luce dei più recenti dispositivi di legge, delle precise norme oggettive che prevedano dei limiti fissi, salvo che per alcune lavorazioni particolari; viene sempre prospettata la necessità generica di assicurare ai lavoratori un certo benessere termico anche in funzione del lavoro svolto.
I riferimenti generali sono il Titolo II e l'Allegato IV del D.Lgs. 81/2008, i quali fanno riferimento alla necessità di garantire un aria salubre in quantità "sufficiente", all'"adeguatezza" della temperatura, ovvero riferimenti del tutto generici e qualitativi. L'obbligo del datore di lavoro è quello, in ogni caso, di valutare le condizioni microclimatiche all'interno del proprio ambiente di lavoro e, utilizzando gli appositi indici indicati dalla letteratura scientifica che attualmente costituiscono lo standard riconosciuto per valutare l'adeguatezza del microclima, verificare se esse sono idonee o meno allo svolgimento dell'attività lavorativa. La zona del benessere termico generalmente è rappresentata dal rispetto di questi range:
Il livello ottimale della temperatura dell’aria viene generalmente indicato fra i 19° e i 24° centigradi. Per l’all. IV del Testo Unico sicurezza sul lavoro 81/08, (punto 1.9) “la temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori”. E nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori “si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell’aria concomitanti”.
I valori ottimali di umidità relativa e cioè della percentuale di vapore acqueo presente nell’aria, sono compresi fra il 40% e il 60%. Anche qui interviene l’all. IV: “nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali nei quali l’aria è soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro, si deve evitare, per quanto è possibile, la formazione della nebbia, mantenendo la temperatura e l’umidità nei limiti compatibili con le esigenze tecniche”*.
Altro fattore del microclima è il ricambio dell’aria, misura necessaria per la presenza nei luoghi di lavoro di agenti nocivi (Punto I dell’all. IV del TUS), in difesa innanzitutto dalle specifiche sostanze nocive rispetto alla particolarità delle attività pericolose. Un esempio per tutti. “Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione”.
velocità dell'aria = 0,05 _ 0,3 m/s.
Tuttavia, il discorso è molto più complesso, poichè i valori di cui sopra devono essere rapportati a molti altri fattori, tra i quali il tipo di lavoro svolto, l'attività fisica richiesta, il vestiario indossato, ecc.
Ecco quindi che a volte per la gestione di circostanze di disagio climatico al lavoro, forse il fattore più importante per alleviare la difficili condizioni dei lavoratori, è il buonsenso da tutte le parti con soluzioni condivise, in grado di mitigare la situazione. In altri paesi come Francia e Inghilterra si stanno pensando a soluzioni legislative che vietino il lavoro oltre una certa soglia climatica.

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