Si riparte dal piano dell'ad e presidente Marco Milani più volte modificato ed alleggerito in sei mesi di confronto ed evitando così la procedura di mobilità per 1.400 dipendenti avviata dalla Indesit Company alla rottura della trattativa con i sindacati, lo scorso 19 novembre.
In realtà non sembrano esserci margini per riaprire una trattativa da portare ancora avanti a lungo, sarà invece l'ultimo tentativo di chiudere un'intesa a strettissimo giro di posta.. Si punta a un accordo con tutti, ma, come dieci giorni fa, non si esclude che la soluzione possa anche essere quella di un accordo separato. Ovviamente un piano difensivo, ma comunque sostenibile nel medio periodo, che difficilmente in un momento congiunturale per il settore negativo senza precedenti, possa dare certezze ma almeno una prospettiva per i prossimi anni, visto che l'azienda nell'ipotesi di intesa garantirebbe nessun licenziamento unilaterale nell'arco della vigenza degli ammortizzatori sociali lunghi se non quelli eventuali derivanti dalla mobilità incentivata. Come dimostrato anche dalla vertenza Electrolux, i problemi di Indesit sono quelli di tutte le aziende del settore. C'è un calo generalizzato dei volumi e fatturato indotto dalla concorrenza dei paesi asiatici e della Turchia, a cui vanno sommati gli effetti della recessione in Europa e soprattutto in Italia. Dall'inizio della crisi la produzione di elettrodomestici è scesa del 50%, un calo pressochè analogo a quello che ha colpito il comparto delle auto e delle moto, l'altra gamba dell'industria meccanica italiana. La ridotta capacità competitiva sullo scacchiere internazionale significa una cosa sola: c'è il rischio concreto che uno fra i principali patrimoni industriali d'Italia venga abbattuto e disperso.
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