UNA PREMESSA VA FATTA ED E' QUELLA CHE LA SCELTA DI SOTTOPORRE
L'IPOTESI DI ACCORDO AL GIUDIZIO DEI LAVORATORI E' UNA LIBERA SCELTA ESCLUSIVA
DI FIM-CISL E UILM-UIL, NON TANTO PERCHE' SONO I FIRMATARI DELL'ACCORDO, MA
PERCHE' IN PRIMIS E’ CORRETTO CHE GLI STESSI DICANO LA LORO ED INOLTRE PERCHE’ IN
RELAZIONI ALLE REGOLE VIGENTI, PER RENDERLO VALIDO E TRASFORMARLO IN ACCORDO,
SAREBBE BASTATO OTTENERE LE FIRME DELLA MAGGIORANZA DELLE RSU, RICORDANDO CHE
NELLO STABILIMENTO DI COMUNANZA I DUE RSU DELLA FIOM-CGIL. HANNO SOTTOSCRITTO
L'IPOTESI DI ACCORDO.
DETTO CIO' QUALI SONO I MOTIVI PER I QUALI
CREDIAMO E CHIEDIAMO IL "SI" AI LAVORATORI:
·
Chiediamo il SI perchè il problema della vendita è un
falso problema, ma non perchè questo in assoluto non possa succedere, ma perché
in primis Indesit Company, essendo una società privata ed essendo in un mercato
europeo, in esso non ci sono strumenti legislativi (come del resto insegna il recente
caso Telecom), che possano impedire il passaggio di un'azienda di mano in mano.
Fermo restando che l'Indesit ha sempre smentito il mandato a vendere, anche
negli incontri al Ministero, privilegiando questo è vero la ricerca di un
partner che possa rendere più solida ed economicamente più forte; essendo stata
redatta l'ipotesi di accordo con un soggetto terzo come il MISE e quindi il
Governo, questo, dovrà guardare, valutare e vigilare sul fronte occupazionale
nel caso in cui l'asset societario dovesse cambiare. Infine, un ragionamento
della serva, ma se il fine principale del management di Indesit fosse quello di
vendere, non sarebbe meglio che lo facesse se la procedura di mobilità andasse
(per lei) a buon fine e si alleggerisse di 1400 persone, al massimo in un
triennio, piuttosto che essere vincolata per un quinquennio nel quale ha
sottoscritto che non licenzierà nessuno unilateralmente. In poche parole se
dovessimo vendere una casa guadagneremmo di più se libera o con qualcuno dentro?
·
Chiediamo il SI perchè se dovesse passare il no, in tutta
franchezza e con tutta l'onestà intellettuale possibile, l’unica certezza plausibile è quella che non si riaprirebbe nessuna trattativa ma il count down
dei licenziamenti collettivi, la mobilità, aperta il 22 novembre proseguirebbe
il suo corso inesorabile verso i primi giorni di febbraio. E la procedura di
mobilità non è sicuramente una fantasia, ma un dato reale ed incontrovertibile,
dato che carta canta. Sarebbe deleterio ed assurdo il 74° giorno, ossia uno
prima della fine della consultazione, dover andare ad inginocchiarsi davanti
all'azienda pregandola di concederci quello che è contenuto ora nell'accordo
(ammesso che poi all'epoca ci sia ancora e non sia al ribasso). E francamente
giocare alla roulette russa con la pelle dei lavoratori, ipotizzando che nella
peggiore delle ipotesi, l’Indesit, non darà seguito, come qualcuno sostiene ai
licenziamenti è un rischio che nessuno può scientemente assumersi. L'unica certezza è che se
il referendum avrà esito positivo, l'azienda provvederà contestualmente a
ritirare la procedura di mobilità unilateralmente attivata come detto lo scorso
22 novembre.
·
Chiediamo il SI perchè chi sostiene, magari spinto ad
inseguire più facilmente i populismi e la demagogia, usando la logica del tanto
peggio tanto meglio, pensando che i lavoratori e le lavoratrici, siano più
utili alle lotte di principio che non per quelle politico-sindacali,
sottraendosi così dalle proprie responsabilità, che questo accordo, sia brutto,
sporco e cattivo e magari sarà anche vero
che a nessuno fa stappare le bottiglie di spumante, possiamo dire che nell'essere
un accordo "difensivo", sia in buona fede la mediazione migliore possibile e risponde
responsabilmente alle esigenze dei lavoratori. Dare delle certezze assolute in
questo contesto economico, sarebbe stata una bugia, ma delle prospettive nel
medio periodo, cercando di agganciare il treno della ripresa, sono cose da non
sottovalutare. Ma quello che i lavoratori non hanno compreso e sicuramente non
per loro colpa, sono le proposte, gli strumenti ed i punti di caduta di chi si
oppone a questa ipotesi. Essi, lo hanno chiesto a gran voce nelle assemblee, nei
luoghi di lavoro, ma i delegati della Fiom-Cgil fino ad arrivare ai
coordinatori nazionali della stessa sigla non hanno saputo fornire risposte.
Forse, per qualcuno l'unico metodo era quello di occupare le fabbriche sin da
subito e non si sa per quanto tempo, e con quali prospettive e con quali
risultati concreti. O chiedere che le problematiche dell’Indesit Company le
possa risolvere esclusivamente la politica italiana, nella persona del
Presidente del Consiglio? Credo che la politica italiana, sia attualmente
affaccendata in tutt'altre faccende..
·
Chiediamo il SI perché nel documento, il Governo conferma
la decisione di riprendere, già dal prossimo mese di Gennaio 2014, il confronto
con le Organizzazioni rappresentative delle imprese e dei lavoratori che
operano nel settore dell’elettrodomestico bianco, con obiettivo del confronto
cercare le strategie finalizzate alla competitività del settore, che vale la
pena ricordare è il secondo del manifatturiero italiano per numero di occupati,
dietro l’automotive.
·
Chiediamo il SI perchè e qui mi sia concesso un po’ di
sano ed innocente campanilismo, perchè lo stabilimento di Melano rimarrà
aperto. Il 4 giugno, Melano era "morto" e non per scherzo, ma sul
serio... Perdi più ora avrà la mission inerente tutti i prodotti speciali della
cottura di Indesit Company, con 11, 5 milioni di investimento e altri prodotti
da internalizzare nella seconda metà del 2015, a fronte dei piani
gas che dovrebbero lasciare il plant di Melano nella primavera dello stesso
anno. Proveremo quindi a scrivere, ancora una volta la storia del nostro stabilimento. Ma l’intesa, non sarà che la punta dell’iceberg, perché il vero lavoro
da fare comincerà un secondo dopo la ratifica dell’accordo, incalzando
l’azienda nel rispetto degli impegni presi, nella vigilanza delle iniziative
condivise e questo a tutti i livelli, sia dentro le fabbriche, che a livello
territoriale e nazionale, affinchè quanto sottoscritto sia sostenibile e
credibile e vada veramente nell’interesse dei lavoratori.
Tanto abbiamo fatto in questi mesi, nel mettere sotto
pressione l’Indesit, con tutti gli strumenti e le forme di lotta formidabili, possibili ed
immaginabili, facendogli modificare, in parte l’originale piano. Dal pressing ed al coinvolgimento della politica locale, a quella regionale alla presidente della
Camera, Boldrini, perché no anche la
Chiesa , con la suggestiva fiaccolata. Rimarranno nella storia
e nella memoria collettiva gli scioperi a “gatto selvaggio”, di cui si è
parlato anche sui media nazionali e con essi la fantasia della lotta.
L’imponente manifestazione del 12 luglio, oltre 5000 lavoratori della Indesit
per le vie di Fabriano. Poteva essere fatto di più, meglio in maniera più
cruenta e decisa? Chissà. Con il senno di poi è facile parlare. E comunque vero che i libri di storia si scrivono sempre dopo
e con essi il giudizio che se ne da è sempre a posteriori…
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