mercoledì 28 agosto 2013

VIAGGIO NEL MONDO DELL'ELETTRODOMESTICO 1). IN POLONIA DOVE SI CLONANO LE INDUSTRIE DEGLI ELETTRODOMESTICI

UN INTERESSANTISSIMO REPORTAGE DI QUALCHE SETTIMANA FA DEL "MESSAGGERO VENETO", DALLA POLONIA, DOVE SI GIOCA LA "BATTAGLIA" DELL'ELETTRODOMESTICO E CI SONO BEN 27 FABBRICHE DEL "BIANCO". Viaggio in Polonia, dove clonano le industrie friulane Electrolux, a Olawa a pieno regime la stessa piattaforma di lavatrici di Porcia. Gli stipendi medi in molti casi non superano i 600 euro. Sgravi fiscali alle imprese OLAWA. L'incubo delocalizzazione ha una origine precisa. E' quella di Olawa, una cittadina di 30 mila abitanti, nella Bassa Slesia, alle porte di Wroclaw, capoluogo della regione. Tanto è manifatturiera la prima, ben collocata in un distretto produttivo nuovo di zecca, quanto è hi-tech la seconda, tutta intenta a creare un'idea di Silicon Valley. Nell’area strategica alle porte della Germania, si è formato così un equilibrio tra industria, innovazione e servizi finanziari. C'è mescolanza tra presente e futuro. Invece il passato, la Polonia tenta di dimenticarlo per macinare record di crescita, senza pesanti zavorre ideologiche. Dopo il crollo del regime comunista, è partita da zero e si è lasciata trascinare dal vento del capitalismo. La bussola di oggi è l’economia di mercato. L'unico obiettivo è di recuperare i ritardi storici, che restano comunque ben marcati, nei confronti della Vecchia Europa. Costi quel che costi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Dall’anno (2004) di adesione alla Ue, il Pil ha avuto un balzo di quasi il 50 per cento. Si tratta di performance straordinarie, peraltro ottenute senza sconquassare gli equilibri di bilancio, considerato che il rapporto debito pubblico / prodotto interno lordo si è mantenuto al di sotto della soglia del 60 per cento. E’ stata una corsa a perdifiato, sostenuta da abbondanti finanziamenti europei (una settantina di miliardi). Soldi spesi bene. Il governo ha avviato un imponente piano di ammodernamento delle infrastrutture; ha creato le condizioni per lo sviluppo; ha attratto abbondanti capitali esteri. Restano ancora molte contraddizioni interne, a partire dagli strappi evidenti tra il tenore di vita delle città e quello delle campagne. Intanto, quest’anno la Polonia dovrà accontentarsi di percentuali minime di crescita (poco più di un punticino), ma in tempo di crisi chiunque si accontenterebbe. L’Italia stapperebbe lo champagne. Invece il nostro Paese fa fatica a difendere la competitività delle fabbriche, aggredite dal dinamismo e dai bassi costi di quelle polacche. I distretti industriali. L’esempio è proprio quello di Olawa, dove le industrie stanno mangiando le campagne, com'era successo al Friuli dei tempi d'oro, quando il lavoro era una solida certezza. L'avanzata urbana, fatta di condomini spesso simili, tipo case popolari, si salda con il piccolo centro storico, raccolto attorno alla piazza del Mercato. Resistono le casupole sparpagliate nei campi, tutti coltivati, e qualche casermone di impronta sovietica. Spesso la storia non inventa nulla. Si ripete. Il nostro “miracolo economico” è replicato un migliaio di chilometri a nord-est. Il groviglio delle strade sistemate alla buona conduce alla fabbrica Electrolux, dove si producono lavatrici, anche con il marchio storico Zanussi. Praticamente, la piattaforma produttiva è la stessa che funziona a Porcia. Quello di Olawa è uno stabilimento di grandi dimensioni, moderno, ben collegato alle vie di comunicazione, l'unico tra i tanti ad avere lo scalo ferroviario di servizio. Un ampio parcheggio per le auto dei dipendenti (un migliaio) e un altro per agevolare il via vai di Tir. Sul piazzale, la bandiera polacca sventola accanto a quella svedese. Il simbolo aziendale è indicato ovunque, esattamente come si trattasse della denominazione di una via tra le più importanti. E' chiaramente un segno di riconoscenza, ricambiato dal gruppo multinazionale, che ha fatto scrivere sulla facciata principale il beneaugurante motto “Our way to excellence” (“Il nostro cammino verso l'eccellenza”). Tutto ciò mette definitivamente in crisi chi ancora pensava a produzioni di serie B. Non è altro che la conferma delle promesse fatte dall'allora direttore generale della multinazionale, Hans Straberg, il giorno dell'inaugurazione: “Gli apparecchi fabbricati a Olawa avranno la più alta qualità garantita da Electrolux”. Era il 2006. E dall'interno iniziavano a uscire i primi pezzi: dai 100 mila del primo anno siamo arrivati al milione. Bassi stipendi. E’ chiaro che la regione della Slesia raggruppa ormai una serie di efficienti distretti industriali: dagli elettrodomestici all'automotive, in aggiunta a una fitta rete di subfornitura. Per esempio, all’interno dello stabilimento di Olawa opera il gruppo Rosa, con casa madre in provincia di Pordenone, che produce gli elementi in plastica per le lavatrici. Si capisce che nulla è nato per caso. Esisteva già un piccolo nucleo produttivo, poi preda dei grandi gruppi. E' successo che, agli inizi del Duemila, l’americana Whirlpool ha messo il cappello sulla Polar, l'azienda polacca leader nei settori della refrigerazione e del lavaggio, che operava sul mercato interno scarsamente esigente. Quella mossa ha scatenato un “effetto carovana”, aprendo la strada ad altre multinazionali. C’è anche l’italianissima Indesit, anch’essa alle prese con una tormentata vertenza delocalizzazione. La regione ha acquisito progressivamente una mentalità industriale. Il carburante dello sviluppo è ancora costituito da retribuzioni basse. In realtà, molti bilanci familiari possono contare su integrazioni provenienti dal lavoro dei campi e dalle rimesse finanziarie degli emigrati, occupati prevalentemente nelle città tedesche. La leva della crescita è in parte nelle mani dei metal mezzadri. Si è riprodotto quindi il vecchio modello pordenonese, che ha permesso il riscatto sociale di intere generazioni. La fabbrica resta l'aspirazione dei più giovani. Gli stipendi sono a livelli lontani dai nostri. La media di una paga netta mensile di un operaio è di 3 mila zloty, pari a 750 euro, ma circolano cifre contrattuali più contenute, anche inferiori ai 600 euro. Guadagna qualcosa di più l’impiegato: a spanne un cinquantone. In realtà, le cifre sono assai articolate. L’importo cala nei piccoli centri, mentre aumenta nelle grandi città, perché il costo della vita è diverso. Sono retribuzioni che, rapportate ai prezzi correnti di alloggi e beni essenziali, lasciano margini all'accumulazione di risparmi. Dovendoci aggrappare a qualcosa, qualcuno potrà pensare che sia sufficiente fare il tifo per l’euro per smorzare l’euforia dei polacchi: “Anche loro dovranno fare i conti con la moneta unica”. In realtà i passaggi non sono immediati. Il governo, pur mantenendo un’impronta filo-Ue, è molto cauto sull’introduzione della valuta comunitaria, sulla quale i cittadini scaricano le paure della crisi. Secondo alcuni sondaggi, il 70% della popolazione non ne vuol sapere dell’euro, considerato il capro espiatorio di tutti i mali. Se ne riparlerà nel 2015, dopo le elezioni. Intanto lo zloty, vecchio e arrugginito, serve pur sempre da salvagente: può essere svalutato nei periodi più duri per difendere i livelli della competitività. Strategie multinazionali. A queste condizioni, non poteva mancare il rilancio di Electrolux. Ha esteso così i suoi tentacoli duplicando le fabbriche italiane, con le stesse specializzazioni: a Olawa, che è lo stabilimento più grande (si estende in una superficie di 300 mila metri quadrati), si producono le lavatrici; a Siewierz le asciugatrici; a Zarow le lavastoviglie; a Swidnica le stufe e le cucine. Tutto è raccolto nel raggio di un centinaio di chilometri. Non solo. A Cracovia è operativo il centro finanziario e di contabilità generale. Lì si compilano le buste paga per tutti. Vi lavorano 450 dipendenti. Il problema è che in tempo di crisi, o meglio di cambiamenti strutturali degli assetti economici mondiali, le multinazionali avviano una costante “tortura psicologica”. E’ fatta passare sotto la denominazione tecnica di “investigazione”, che consiste in meticolosi raffronti su produttività e redditività degli stabilimenti sparsi nel mondo. E con la matematica non si scherza. Le aziende ne traggono le conseguenze con tagli, ridimensionamenti e delocalizzazioni. Purtroppo questo metodo potrebbe aprire una terribile sfida Italia-Polonia, perché è funzionale alla cinica logica della globalizzazione, che impone le mosse su una nuova scacchiera: sposti lì, chiudi là. E i giochi sono fatti inevitabilmente sulla testa dei lavoratori, i quali hanno pur sempre contribuito al successo delle fabbriche. Chi perde manifesta tutta la sua rabbia, chi vince disegna il futuro. E in mezzo c'è la politica: nel primo caso (Italia), insensibile ai temi del lavoro e incapace di decidere; nel secondo caso (Polonia), pronta a fare ponti d’oro alle imprese. Così, prima di intraprendere il viaggio nella Bassa Polonia, ho cercato di ripassare la lezione con l'ingegner Luigi Campello, fino all'anno scorso direttore generale di Electrolux Italia. Mi ha riproposto il dossier del Ceced, che è l'osservatorio strategico nazionale degli elettrodomestici, ricco di analisi e di proposte. E' rimasto lettera morta. Mi è servito però come “navigatore” per comprendere meglio le dinamiche delle sfide, che ruotano essenzialmente attorno ad alcune cifre impietose. Destini incrociati. Il costo medio orario del lavoro in Italia è di 24 euro (di cui 8 di oneri sociali), quello in Polonia è di 11 euro (di cui 2,5 di oneri sociali). Forse pensiamo di colmare il divario facendo affidamento sull'elevata efficienza delle nostre fabbriche. E’ un ragionamento ormai fragile, perché il gap di competenze organizzative e industriali si sta annullando. Lo ha sostenuto senza mezzi termini Andrea Bandirali, dirigente dell'ItalDesk e componente del consiglio di amministrazione della Camera di commercio italiana in Polonia. E' stato lui il consulente di Electrolux nella costruzione dello stabilimento di Olawa: “La piattaforma produttiva è di qualità elevata, quindi è competitiva a qualsiasi livello”. Oggi, nel raffronto con la gemella polacca, la fabbrica di Porcia può vantare l'alto di gamma dei modelli di lavatrice, la ricerca e il design. Porcia rischia. Ma fino a quando potrà difendere questi margini tecnologici? E' stato lo stesso Bandirali a calare altre carte a favore della Polonia: “Il governo accompagna le aziende, crea cioè l'ambiente favorevole alla cultura d'impresa”. FONTE: MESSAGGERO VENETO

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