Allungare le ferie, un week end, un ponte festivo con la malattia? Attenzione, potrebbe scattare il licenziamento. Secondo, infatti, una sentenza (numero 18678) della Cassazione di oggi, l’assenteista tattico che – guarda caso – si ammala puntualmente prima o dopo i giorni di riposo lede, così facendo, il rapporto di fiducia col suo datore e, pertanto, compie una di quelle condotte talmente gravi da giustificare il recesso dal rapporto di lavoro (con preavviso). E ciò vale anche se il periodo di comporto relativo alla malattia non è stato ancora superato. Scatta il licenziamento per giustificato motivo soggettivo quando la prestazione lavorativa non è adeguata e non fornisce utilità all’azienda, a causa della mancata presenza in servizio per un paio di giorni al mese, che crea malcontento fra i colleghi costretti alle sostituzioni.
Scarso rendimento punito
Chi cade puntualmente malato in occasione del week end, delle festività o di altre ricorrenze solo allo scopo di allungare i giorni di riposo o fare altrettanti “ponti” penalizza l’organizzazione aziendale. La malattia “a macchia di leopardo”, strategicamente agganciata alle feste comandate rende il dipendente non più proficuamente utilizzabile da parte del datore. La sua condotta, dunque, integra i presupposti richiesti dalla legge, secondo cui “il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro oppure da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
Il licenziamento è deciso dall’azienda per ragioni tecniche: non viene in rilievo la malattia, ma la quantità di assenze che, pure incolpevoli, danno luogo a uno scarso rendimento del dipendente e finiscono col danneggiare la produzione aziendale per via degli scompensi organizzativi.
La Cassazione ha quindi confermato il licenziamento intimato all'uomo da un'azienda di materiale edile della provincia di Chieti. La corte d'appello de l'Aquila aveva, infatti, accertato, ascoltando come testimoni i colleghi, le assenze sistematiche, per «un numero esiguo di giorni», ma «reiterate», a «macchia di leopardo» e «costantemente agganciate» ai giorno di riposo.
La Corte ribadisce sì che «il datore di lavoro non può recedere dal rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell'assenza», tuttavia in questo caso le assenze per malattia assumono rilevo per la prestazione lavorativa «inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l'organizzazione aziendale». Infatti, spiega la Corte, le assenze «comunicate all'ultimo momento determinavano la difficoltà, proprio per i tempi particolarmente ristretti, di trovare un sostituto», considerando che le assenza si verificavano soprattutto in coincidenza «del fine settimane o del turno di notte».
Scarso rendimento punito
Chi cade puntualmente malato in occasione del week end, delle festività o di altre ricorrenze solo allo scopo di allungare i giorni di riposo o fare altrettanti “ponti” penalizza l’organizzazione aziendale. La malattia “a macchia di leopardo”, strategicamente agganciata alle feste comandate rende il dipendente non più proficuamente utilizzabile da parte del datore. La sua condotta, dunque, integra i presupposti richiesti dalla legge, secondo cui “il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro oppure da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
Il licenziamento è deciso dall’azienda per ragioni tecniche: non viene in rilievo la malattia, ma la quantità di assenze che, pure incolpevoli, danno luogo a uno scarso rendimento del dipendente e finiscono col danneggiare la produzione aziendale per via degli scompensi organizzativi.
La Cassazione ha quindi confermato il licenziamento intimato all'uomo da un'azienda di materiale edile della provincia di Chieti. La corte d'appello de l'Aquila aveva, infatti, accertato, ascoltando come testimoni i colleghi, le assenze sistematiche, per «un numero esiguo di giorni», ma «reiterate», a «macchia di leopardo» e «costantemente agganciate» ai giorno di riposo.
La Corte ribadisce sì che «il datore di lavoro non può recedere dal rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell'assenza», tuttavia in questo caso le assenze per malattia assumono rilevo per la prestazione lavorativa «inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l'organizzazione aziendale». Infatti, spiega la Corte, le assenze «comunicate all'ultimo momento determinavano la difficoltà, proprio per i tempi particolarmente ristretti, di trovare un sostituto», considerando che le assenza si verificavano soprattutto in coincidenza «del fine settimane o del turno di notte».
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