Pesce grosso mangia pesce piccolo, questa la
dinamica che da sempre anima il comparto del “bianco”. Quello che potrebbe
capitare all’Indesit Company, ossia essere acquisita o accedere a una partnership
con uno dei big player del settore dell'elettrodomestico bianco, è un fenomeno
insito nello stesso DNA del settore. Che il matrimonio s’abbia da fare, ne sono
convinti quasi tutti, ma comunque lo scioglimento di
quello che sembra essere un nodo gordiano, potrebbe avvenire nei prossimi
giorni e più precisamente entro luglio. Ma paradossalmente l'Indesit, potrebbe
rimanere invischiata in quella politica di “merger & acquisition”, che
proprio l’holding fabrianese del bianco, allora Merloni Elettrodomestici,
contribuì ad accelerare fortemente nel 1987 con l'acquisizione dell’Indesit,
per 50 miliardi delle vecchie lire, che era in amministrazione straordinaria in
base alla legge Prodi. La Merloni all’epoca, era il principale concorrente in
Italia dell’Indesit stessa.
Inizialmente il mercato degli elettrodomestici
bianchi in Europa si caratterizzò più
come un’aggregazione di diversi mercati nazionali che come un vasto mercato
omogeneo come negli Stati Uniti. La rapida crescita della domanda di
elettrodomestici bianchi a livello europeo per circa venti anni dopo la Seconda
guerra Mondiale finì all’inizio degli anni Settanta. Già nel 1972 il livello
della saturazione dei mercati aveva raggiunto l’80% per i frigoriferi e il 70%
per le lavatrici, mentre le lavastoviglie presentavano ancora buone prospettive
di crescita. Di conseguenza, il peso della domanda di sostituzione rispetto
alla domanda di primo acquisto aumentò in tutti i principali segmenti, al punto
che alla fine degli anni ’80 in media il 90% dei frigoriferi e l’80% delle
lavatrici erano acquistati per sostituire prodotti ormai datati.
L’ingresso nella fase di maturità e l’eccesso di
capacità produttiva installata rispetto alla domanda portarono a un incremento
della competizione sul fronte dei prezzi e guidarono l’avvio di un processo di
concentrazione che caratterizzò in modo crescente la struttura del settore. I
maggiori produttori nazionali progressivamente erosero quota di mercato alle
imprese di minori dimensioni dando via a un processo di fusioni e acquisizioni
che ben presto travalicò i confini nazionali. Il consolidamento internazionale
del settore ebbe inizio nel corso degli anni ’70 e si affermò alla fine degli
anni ’80. Alcune delle principali operazioni in questo periodo riguardarono
l’italiana Zanussi, che divenne dapprima il primo produttore europeo come
capacità produttiva installata attraverso acquisizioni sul mercato nazionale e
l’alleanza con AEG-Telefunken, e che venne poi a sua volte acquisita nel 1984
dal gruppo svedese Electrolux; l’olandese Philips che acquisì l’italiana Ignis;
le tedesche Bosch e Siemens, che si fusero nel 1972 dando vita a un gruppo
capace di coprire l’intera gamma del bianco. Il trend verso la concentrazione
nella struttura del settore, come detto, fa parte del suo stesso dna, mentre
nel 1970, 400 imprese produttrici (poco meno della metà italiane), si
spartivano il 70% del mercato europeo, nel 2000 solo 9 imprese controllavano
l’84% di un mercato che aveva raggiunto un volume di produzione di 60 milioni
di unità annue, pari al 25% della produzione mondiale. Nonostante centinaia d’imprese
fossero scomparse nel processo di razionalizzazione, continuavano a
sopravvivere decine di marchi differenti attraverso i quali le stesse imprese
erano solite operare quando erano ancora in vita.
Nel 2000 il maggiore produttore a livello europeo
risultava essere Bosch-Siemens, con una quota di mercato del 17,6%, seguito da
Electrolux con il 15,5%, Merloni (oggi Indesit Company), con il 10% e Whirlpool
con il 9,4%. Nella fascia più alta del mercato si posizionavano imprese che
offrivano una linea completa di elettrodomestici come la tedesca Bosch-Siemens
e la svedese Miele, oltre ad alcuni produttori specializzati in alcune linee
specifiche, come la tedesca Guggenau o l’italiana SMEG. Nella fascia intermedia
del mercato competevano invece produttori come la svedese Electrolux-Zanussi,
la divisione europea della Whirlpool, le italiane Merloni e Candy o la francese
Thompson-Brandt. La fascia più bassa del mercato era invece servita da numerose
imprese che offrivano prodotti a basso costo a un mercato di massa.
Recentemente in questa fascia erano entrate anche imprese produttrici
dell’Europa Orientale.
Ma perché la “fidanzatina” d’Italia, così com’è stata definita, è
rimasta ancora “zitella”, nonostante le nozze con tutti i big player del
settore, siano state date per certe innumerevoli volte? Rumors molto forti comparsi
anche a mezzo stampa, darebbero per certa la vendita agli stelle e striscie
della Whirlpool,dopo che in passato sono stati fatti i nomi di Haier,
Electrolux, Arcelik, Bosch e Sichuan Quangong. Ecco, dunque, che l'americana
Whirlpool, public-company stars & stripes, quotata a Wall Street, la più
accreditata delle ultime settimane, parrebbe la scelta più ovvia, anche perché,
Whirlpool in Europa, anche se è socia con le cappe fabrianesi dell’Elica di
Casoli, è poco forte e un’operazione del genere la lancerebbe per valore sul
podio del vecchio continente, detronizzando, con un fatturato complessivo di
oltre 5 miliardi di euro l’anno, il primato di Bosch-Siemens’. Ma permetterebbe
anche al colosso americano di colmare un vuoto importante nel suo posizionamento
mondiale, permettendogli di aumentare la penetrazione in mercati off limits per
Whirlpool, che negli anni ’80 rilevando il settore elettrodomestici della
Philips, può annoverare un altro marchio storico del bianco italiano, la Ignis,
fondata da Borghi. Inoltre sembrerebbe essere la più gradita alla dinasty
Merloni e non solo per quello che riguarda il versante economico (anche se non
è la più alta), ma anche perché sembrerebbe garantire maggiormente il futuro di
Indesit stessa ed il rispetto dei presidi italiani e potrebbe riservare un
ruolo importante alla famiglia Merloni, all’interno del gruppo che nascerà
dall’integrazione. Forse si chiuderà quel cerchio magico che il patriarca della
famiglia Merloni, Vittorio, aveva cercato di costruire tra il 2006 e 2007, con
una lunga trattativa con gli americani, che avrebbe dovuto portare la famiglia
ad essere il primo azionista del colosso che sarebbe dovuto nascere dalla
fusione dei due player, salvo poi rinuniciarvi.
Comunque una cosa è certa, chiunque dei “fidanzati di rango”,
riuscirà ad avere la “mano” del gruppo fabrianese, creando un gruppo di
competere a livello globale, rivestirà per gli anni a venire, un ruolo da
assoluto protagonista, e questa è un’occasione più unica che rara.
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