venerdì 11 luglio 2014

ELETTRODOMESTICI BIANCHI: UNA STORIA DI CONCENTRAZIONI

Pesce grosso mangia pesce piccolo, questa la dinamica che da sempre anima il comparto del “bianco”. Quello che potrebbe capitare all’Indesit Company, ossia essere acquisita o accedere a una partnership con uno dei big player del settore dell'elettrodomestico bianco, è un fenomeno insito nello stesso DNA del settore. Che il matrimonio s’abbia da fare, ne sono convinti quasi tutti,  ma comunque lo scioglimento di quello che sembra essere un nodo gordiano, potrebbe avvenire nei prossimi giorni e più precisamente entro luglio. Ma paradossalmente l'Indesit, potrebbe rimanere invischiata in quella politica di “merger & acquisition”, che proprio l’holding fabrianese del bianco, allora Merloni Elettrodomestici, contribuì ad accelerare fortemente nel 1987 con l'acquisizione dell’Indesit, per 50 miliardi delle vecchie lire, che era in amministrazione straordinaria in base alla legge Prodi. La Merloni all’epoca, era il principale concorrente in Italia dell’Indesit stessa.
Inizialmente il mercato degli elettrodomestici bianchi in Europa si caratterizzò più come un’aggregazione di diversi mercati nazionali che come un vasto mercato omogeneo come negli Stati Uniti. La rapida crescita della domanda di elettrodomestici bianchi a livello europeo per circa venti anni dopo la Seconda guerra Mondiale finì all’inizio degli anni Settanta. Già nel 1972 il livello della saturazione dei mercati aveva raggiunto l’80% per i frigoriferi e il 70% per le lavatrici, mentre le lavastoviglie presentavano ancora buone prospettive di crescita. Di conseguenza, il peso della domanda di sostituzione rispetto alla domanda di primo acquisto aumentò in tutti i principali segmenti, al punto che alla fine degli anni ’80 in media il 90% dei frigoriferi e l’80% delle lavatrici erano acquistati per sostituire prodotti ormai datati.
L’ingresso nella fase di maturità e l’eccesso di capacità produttiva installata rispetto alla domanda portarono a un incremento della competizione sul fronte dei prezzi e guidarono l’avvio di un processo di concentrazione che caratterizzò in modo crescente la struttura del settore. I maggiori produttori nazionali progressivamente erosero quota di mercato alle imprese di minori dimensioni dando via a un processo di fusioni e acquisizioni che ben presto travalicò i confini nazionali. Il consolidamento internazionale del settore ebbe inizio nel corso degli anni ’70 e si affermò alla fine degli anni ’80. Alcune delle principali operazioni in questo periodo riguardarono l’italiana Zanussi, che divenne dapprima il primo produttore europeo come capacità produttiva installata attraverso acquisizioni sul mercato nazionale e l’alleanza con AEG-Telefunken, e che venne poi a sua volte acquisita nel 1984 dal gruppo svedese Electrolux; l’olandese Philips che acquisì l’italiana Ignis; le tedesche Bosch e Siemens, che si fusero nel 1972 dando vita a un gruppo capace di coprire l’intera gamma del bianco. Il trend verso la concentrazione nella struttura del settore, come detto, fa parte del suo stesso dna, mentre nel 1970, 400 imprese produttrici (poco meno della metà italiane), si spartivano il 70% del mercato europeo, nel 2000 solo 9 imprese controllavano l’84% di un mercato che aveva raggiunto un volume di produzione di 60 milioni di unità annue, pari al 25% della produzione mondiale. Nonostante centinaia d’imprese fossero scomparse nel processo di razionalizzazione, continuavano a sopravvivere decine di marchi differenti attraverso i quali le stesse imprese erano solite operare quando erano ancora in vita.
Nel 2000 il maggiore produttore a livello europeo risultava essere Bosch-Siemens, con una quota di mercato del 17,6%, seguito da Electrolux con il 15,5%, Merloni (oggi Indesit Company), con il 10% e Whirlpool con il 9,4%. Nella fascia più alta del mercato si posizionavano imprese che offrivano una linea completa di elettrodomestici come la tedesca Bosch-Siemens e la svedese Miele, oltre ad alcuni produttori specializzati in alcune linee specifiche, come la tedesca Guggenau o l’italiana SMEG. Nella fascia intermedia del mercato competevano invece produttori come la svedese Electrolux-Zanussi, la divisione europea della Whirlpool, le italiane Merloni e Candy o la francese Thompson-Brandt. La fascia più bassa del mercato era invece servita da numerose imprese che offrivano prodotti a basso costo a un mercato di massa. Recentemente in questa fascia erano entrate anche imprese produttrici dell’Europa Orientale.
Ma perché la “fidanzatina” d’Italia, così com’è stata definita, è rimasta ancora “zitella”, nonostante le nozze con tutti i big player del settore, siano state date per certe innumerevoli volte? Rumors molto forti comparsi anche a mezzo stampa, darebbero per certa la vendita agli stelle e striscie della Whirlpool,dopo che in passato sono stati fatti i nomi di Haier, Electrolux, Arcelik, Bosch e Sichuan Quangong. Ecco, dunque, che l'americana Whirlpool, public-company stars & stripes, quotata a Wall Street, la più accreditata delle ultime settimane, parrebbe la scelta più ovvia, anche perché, Whirlpool in Europa, anche se è socia con le cappe fabrianesi dell’Elica di Casoli, è poco forte e un’operazione del genere la lancerebbe per valore sul podio del vecchio continente, detronizzando, con un fatturato complessivo di oltre 5 miliardi di euro l’anno, il primato di Bosch-Siemens’. Ma permetterebbe anche al colosso americano di colmare un vuoto importante nel suo posizionamento mondiale, permettendogli di aumentare la penetrazione in mercati off limits per Whirlpool, che negli anni ’80 rilevando il settore elettrodomestici della Philips, può annoverare un altro marchio storico del bianco italiano, la Ignis, fondata da Borghi. Inoltre sembrerebbe essere la più gradita alla dinasty Merloni e non solo per quello che riguarda il versante economico (anche se non è la più alta), ma anche perché sembrerebbe garantire maggiormente il futuro di Indesit stessa ed il rispetto dei presidi italiani e potrebbe riservare un ruolo importante alla famiglia Merloni, all’interno del gruppo che nascerà dall’integrazione. Forse si chiuderà quel cerchio magico che il patriarca della famiglia Merloni, Vittorio, aveva cercato di costruire tra il 2006 e 2007, con una lunga trattativa con gli americani, che avrebbe dovuto portare la famiglia ad essere il primo azionista del colosso che sarebbe dovuto nascere dalla fusione dei due player, salvo poi rinuniciarvi.

Comunque una cosa è certa, chiunque dei “fidanzati di rango”, riuscirà ad avere la “mano” del gruppo fabrianese, creando un gruppo di competere a livello globale, rivestirà per gli anni a venire, un ruolo da assoluto protagonista, e questa è un’occasione più unica che rara.

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