Una sentenza che sicuramente farà discutere, ma che indubitabilmente è un po' figlia dei tempi attuali, ossia quelli dello smartphone e dei social network dei quali facciamo sicuramente un uso smodato. Una vita sempre connessa, ma che oltre ai vantaggi di poterci pemettere di sapere in tempo reale cosa succede dall'alta parte del mondo, ha anche dei rischi, quelli delle truffe, delle bufale, delle fake news, con tutti i risvolti che essi hanno sulla vita civile di oggigiorno. Ma anche sulla vita lavorativa, come decretato da una recente sentenza. Un dipendente può essere licenziato anche via social network. Lo ha stabilito il Tribunale civile di Catania, qualche giorno orsono, che ha ritenuto che la fine del rapporto di lavoro intimato su whatsapp possa "assolvere l'onere della forma scritta, trattandosi di un documento informatico". Con tanto di prova di avvenuta ricezione, ossia il baffo blu che testimonia la lettura da parte del ricevente del messaggio inviato. Lo scrive il giudice del Lavoro Mario Fiorentino, rigettando il ricorso presentato da una lavoratrice di un'azienda che aveva ricevuto la notizia di venir lasciata a casa sulla chat di Whatsapp, il servizio di messaggistica più usato al mondo.
Secondo l'ordinanza del giudice giudice "la modalità utilizzata dal datore di lavoro nel caso di fattispecie appare idonea ad assolvere ai requisiti formali in esame, in quanto - si legge nell'ordinanza - la volontà di licenziare è stata comunicata per iscritto alla lavoratrice in maniera non equivoca, come del resto dimostra la reazione da subito manifesta dalla predetta parte". Per questo il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso.
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