lunedì 12 maggio 2014

ELETTRODOMESTICI BIANCHI: UNA STORIA DI CONCENTRAZIONI

Quello che potrebbe capitare all’Indesit Company, ossia essere acquisita o accedere a una partnership con uno dei big player del settore dell'elettrodomestico bianco, è un fenomeno insito nello stesso DNA del comparto. Che il matrimonio s’abbia da fare, ne sono convinti quasi tutti, anche se la soluzione “stand-alone”, ossia la prosecuzione con mezzi propri, non è ancora da escludere, ma comunque lo scioglimento di quello che sembra essere un nodo gordiano, potrebbe avvenire nei prossimi mesi e più precisamente entro luglio. Ma paradossalmente l'Indesit, potrebbe rimanere invischiata in quella politica di “merger & acquisition”, che proprio l’holding fabrianese del bianco, allora Merloni Elettrodomestici, contribuì ad accelerare fortemente nel 1987 con l'acquisizione dell’Indesit, per 50 miliardi delle vecchie lire, che era in amministrazione straordinaria in base alla legge Prodi. La Merloni all’epoca, era il principale concorrente in Italia dell’Indesit stessa.
Inizialmente il mercato degli elettrodomestici bianchi in Europa si caratterizzò più come un’aggregazione di diversi mercati nazionali che come un vasto mercato omogeneo come negli Stati Uniti. La rapida crescita della domanda di elettrodomestici bianchi a livello europeo per circa venti anni dopo la Seconda guerra Mondiale finì all’inizio degli anni Settanta. Già nel 1972 il livello della saturazione dei mercati aveva raggiunto l’80% per i frigoriferi e il 70% per le lavatrici, mentre le lavastoviglie presentavano ancora buone prospettive di crescita. Di conseguenza, il peso della domanda di sostituzione rispetto alla domanda di primo acquisto aumentò in tutti i principali segmenti, al punto che alla fine degli anni ’80 in media il 90% dei frigoriferi e l’80% delle lavatrici erano acquistati per sostituire prodotti ormai datati.
L’ingresso nella fase di maturità e l’eccesso di capacità produttiva installata rispetto alla domanda portarono a un incremento della competizione sul fronte dei prezzi e guidarono l’avvio di un processo di concentrazione che caratterizzò in modo crescente la struttura del settore. I maggiori produttori nazionali progressivamente erosero quota di mercato alle imprese di minori dimensioni dando via a un processo di fusioni e acquisizioni che ben presto travalicò i confini nazionali. Il consolidamento internazionale del settore ebbe inizio nel corso degli anni ’70 e si affermò alla fine degli anni ’80. Alcune delle principali operazioni in questo periodo riguardarono l’italiana Zanussi, che divenne dapprima il primo produttore europeo come capacità produttiva installata attraverso acquisizioni sul mercato nazionale e l’alleanza con AEG-Telefunken, e che venne poi a sua volte acquisita nel 1984 dal gruppo svedese Electrolux; l’olandese Philips che acquisì l’italiana Ignis; le tedesche Bosch e Siemens, che si fusero nel 1972 dando vita a un gruppo capace di coprire l’intera gamma del bianco. Il trend verso la concentrazione nella struttura del settore, come detto, fa parte del suo stesso dna, mentre nel 1970, 400 imprese produttrici (poco meno della metà italiane), si spartivano il 70% del mercato europeo, nel 2000 solo 9 imprese controllavano l’84% di un mercato che aveva raggiunto un volume di produzione di 60 milioni di unità annue, pari al 25% della produzione mondiale. Nonostante centinaia d’imprese fossero scomparse nel processo di razionalizzazione, continuavano a sopravvivere decine di marchi differenti attraverso i quali le stesse imprese erano solite operare quando erano ancora in vita.
Nel 2000 il maggiore produttore a livello europeo risultava essere Bosch-Siemens, con una quota di mercato del 17,6%, seguito da Electrolux con il 15,5%, Merloni (oggi Indesit Company), con il 10% e Whirlpool con il 9,4%. Nella fascia più alta del mercato si posizionavano imprese che offrivano una linea completa di elettrodomestici come la tedesca Bosch-Siemens e la svedese Miele, oltre ad alcuni produttori specializzati in alcune linee specifiche, come la tedesca Guggenau o l’italiana SMEG. Nella fascia intermedia del mercato competevano invece produttori come la svedese Electrolux-Zanussi, la divisione europea della Whirlpool, le italiane Merloni e Candy o la francese Thompson-Brandt. La fascia più bassa del mercato era invece servita da numerose imprese che offrivano prodotti a basso costo a un mercato di massa. Recentemente in questa fascia erano entrate anche imprese produttrici dell’Europa Orientale.
Ma perché la “fidanzatina” d’Italia, così com’è stata definita, è rimasta ancora “zitella”, nonostante le nozze con tutti i big player del settore, siano state date per certe innumerevoli volte? Per quanto riguarda gli svedesi di Electrolux, alle prese con i problemi dei plant italiani, il matrimonio implicherebbe probabilmente forti tagli occupazionali, senza dimenticare i problemi di Antitrust. Stesso ragionamento, potrebbe valere per la turca Arcelik, vista con diffidenza dai Merloni e dall'esecutivo perché avrebbe i maggiori vantaggi nello spostare la produzione in Turchia. E’ anche vero che l’acquisizione di Indesit, permetterebbe ai turchi, di proiettarsi in Europa verso l’alto di gamma, attualmente è presente nel basso di gamma con il marchio Beko. La famiglia non sarebbe favorevole nemmeno ai cinesi dell’Haier poiché la multinazionale orientale vale 8 miliardi di capitalizzazione, otto volte l'azienda di Fabriano. Un rapporto in cui Indesit e i Merloni scomparirebbero inesorabilmente dai giochi, anche se è vero che, Haier non ha alcuna sovrapposizione con Indesit, avendo nella penisola, solo un piccolo stabilimento di frigoriferi a Padova, ma non per questo meno interessata ai marchi italiani. Quanto alla tedesca Bosch, vale il medesimo discorso dimensionale oltre al fatto che un gruppo tedesco si prenderebbe un marchio storico italiano, ma l’Indesit, che realizza prodotti complementari rispetto ai propri, le permetterebbe di penetrare mercati come quello inglese e russo, nei quali il gruppo teutonico, non ha avuto appeal. Ecco, dunque, che l'americana Whirlpool, la più accreditata delle ultime settimane, parrebbe la scelta più ovvia, anche perché, Whirlpool in Europa, anche se è socia con le cappe fabrianesi dell’Elica di Casoli, è poco forte e un’operazione del genere la lancerebbe per valore sul podio del vecchio continente, detronizzando il primato di Bosch-Siemens, e inoltre con questa soluzione, la famiglia Merloni potrebbe mantenere un ruolo attivo. Infine i coreani di Lg o Samsung, chiunque siano, il loro core business non è sul bianco, ma su altri prodotti e frigoriferi e lavatrici, sarebbero visti come una complementarietà dell’attività svolta.
A mostrare cautela sembra essere Aristide Merloni, azionista con i fratelli e la madre dell’holding di famiglia, e tutore legale del padre Vittorio che ha l'usufrutto sulle azioni della famiglia. Tutte le scelte restano aperte, "se andiamo avanti da soli o se ci sarà un'integrazione o una fusione o una vendita”. Può anche essere che decidiamo di andare avanti stand alone”. Non è uno stop, il messaggio ai candidati-partner è chiaro: "Abbiamo un’azienda straordinaria che performa meglio degli altri in Europa, non siamo costretti a forzare i tempi"; e l'obiettivo della famiglia non è già focalizzato su una delle diverse opzioni strategiche possibili né è misurabile in termini di valore dell'operazione: "Non è incassare quello che ci interessa”. Quello che ci interessa e tutelare le persone che lavorano in azienda" e "la tutela del territorio".” Comunque una cosa è certa, chiunque dei “pretendenti”, riuscisse ad avere la “mano” del gruppo fabrianese, rivestirebbe per gli anni a venire, un ruolo da assoluto protagonista, e questa è un’occasione unica.
 
 
 

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