lunedì 17 febbraio 2014

NEL 2013 I FONDI PENSIONE STRACCIANO IL TFR

Le azioni tirano la volata della pensione di scorta. Le linee più rischiose hanno offerto le migliori performance nell’anno appena concluso. Ma tutto il comparto si è comportato bene. Nel 2013 è stato pari al 6% il rendimento medio offerto dai fondi pensione negoziali, aziendali o di categoria. Il Tfr nello stesso periodo ha reso invece l’1,7%, al netto dell’aliquota dell’11%. La liquidazione mantenuta in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione. Anche nel medio termine la previdenza integrativa stacca il Tfr: fra il primo gennaio 2000 e il 31 dicembre scorso, infatti, tutti i tre fondi maggiori esistenti all’inizio del periodo considerato hanno battuto nettamente il 46,1% della liquidazione. Il migliore è stato Fondenergia (energia e petrolio) con il 57%, seguito da Fonchim (chimica e farmaceutica) con il 51,9% e da Cometa (industria metalmeccanica e orafa) con il 51,3%«Il bilancio dell’anno scorso è molto positivo — sottolinea Michele Tronconi, presidente di Assofondipensione, l’associazione che raggruppa trentaquattro fondi negoziali —. I fondi pensione raggiungono buoni risultati anche grazie alle spese decisamente contenute. I costi di struttura sono molto bassi e non bisogna remunerare una rete di vendita, come nel caso degli altri strumenti previdenziali». Proprio qui, però, sta anche la loro debolezza. I fondi negoziali, che contano oltre 1,9 milioni di aderenti, soffrono la concorrenza dei Pip (i Piani individuali di tipo assicurativo), che con oltre 2 milioni d’iscritti sono balzati al primo posto fra tutti gli strumenti previdenziali, anche grazie alle laute provvigioni per gli intermediari che li collocano. «Nei fondi, invece, la promozione è affidata agli uffici del personale delle aziende e ai sindacati — spiega Tronconi —. In più soffrono le gravi difficoltà del mondo del lavoro, con molti dipendenti licenziati o collocati in cassa integrazione. A parte quattro o cinque, ve ne sono molti altri che non hanno dimensioni adeguate: come Assofondipensione vogliamo aiutarli a trovare soluzioni consortili che permettano di sfruttare meglio le nuove opportunità offerte dai mercati finanziari». Oggi i fondi pensione investono circa il 60% degli attivi in titoli governativi, per lo più italiani. «Il tema all’ordine del giorno è come dirottare maggiori risorse verso l’economia reale — spiega Tronconi —. Il 20% di attivi che possono gestire direttamente potrebbe essere investito in fondi di private equity, mini-bond o fondi chiusi infrastrutturali: abbiamo avviato contatti con la Cassa depositi e prestiti per vedere cosa si può fare. In questo modo si avrebbero ricadute positive sull’occupazione». L’anno scorso molte linee azionarie e bilanciate hanno ottenuto performance a due cifre: il risultato migliore è stato il 17,6% dell’azionaria di Mediafond (gruppo Mediaset), seguita con il 16,5% da quell’analoga di Fondaereo (piloti e assistenti di volo). Hanno chiuso in positivo tutti i comparti, e buoni risultati sono stati ottenuti anche dai tre fondi maggiori, Cometa, Fonte (commercio, turismo e servizi) e Fonchim. A parte le performance, comunque, un altro fattore gioca a favore dei fondi pensione, rispetto alla decisione di mantenere il Tfr in azienda. E’ il contributo aziendale, pari in media all’1,2-1,5% della retribuzione lorda, cui ha diritto solo chi aderisce. Questa voce fa davvero la differenza: lo dimostrano gli esempi, relativi ai tre fondi maggiori, di lavoratori che hanno aderito alla partenza del fondo, a confronto con i loro colleghi che invece hanno lasciato il Tfr in azienda. Al 31 dicembre scorso, un metalmeccanico con uno stipendio di 23mila euro lordi che il primo gennaio 1997 ha aderito alla linea bilanciata di Cometa ha maturato un montante di 33.133 euro, contro i 26.477 accantonati da un suo collega che ha mantenuto il Tfr in azienda. Con Fonte (retribuzione di 21.500 euro e adesione il primo marzo 2004) siamo rispettivamente a 22.110 e 17.738 euro; infine per Fonchim (stipendio di 30mila euro e iscrizione il 14 marzo 1997) il totale è di 87.115 per chi si è iscritto e di 63.618 euro per chi invece ha lasciato il Tfr in azienda. In tutti i casi sono state considerate le stesse voci, in modo da rendere omogeneo il confronto. Quest’ultimo, peraltro, non tiene conto del trattamento fiscale, che nella previdenza complementare è decisamente più favorevole.

Nessun commento:

Posta un commento