domenica 19 gennaio 2014

DAL MONDO DEL BIANCO - COSI' PORDENONE PROVA A CONVINCERE ELECTROLUX A RESTARE, A CHE PREZZO PERO?

Una riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto (clup), stimata nel 20% per le imprese della meccanica e nel 10% circa per quelle del legno-arredo attraverso un “patto” da sottoscrivere con sindacati, imprese e istituzioni che interviene anche su salari, flessibilità, orari, introduce nuove forme di welfare aziendale, finalizza la formazione. Tutto questo, insieme, evidentemente, al mantenimento dei posti di lavoro e alla recuperata competitività delle aziende pordenonesi, è l’obiettivo che punta ad agguantare Unindustria Pordenone come è stato sottolineato nel corso della presentazione di ieri.
“Pordenone, una delle Manchester d'Italia, oggi laboratorio per una nuova competitività industriale” è il nome di un’iniziativa che, al momento, non ha uguali in Italia, ma che secondo i suoi promotori potrebbe essere implementata in qualsiasi dei territori in crisi. Partendo dai dati di fatto, ovvero una crisi senza precedenti, l’assenza di inversioni di trend economico nel breve, per rimarcare la necessità e l’urgenza di contrastare processi di delocalizzazione imponenti come quello che potrebbe decidere di avviare Electrolux (l’investigazione annunciata dagli svedesi il 25 ottobre punta infatti a valutare quanto conveniente sia continuare a produrre in Italia piuttosto che in Polonia, e la verifica si concluderà a fine aprile), di sostenere le aziende insediate nel territorio, e non per ultimo, di attrarre nuovi investimenti.
Un capitolo significativo del documento è quello che elenca i fattori di costo sui quali intervenire in maniera temporanea, relativamente al salario dei lavoratori, laddove ipotizza di eliminare elementi contributivi di secondo livello a carattere fisso (premi e bonus) prodotto di accordi siglati in passato, ritenuti costi non giustificabili, o accorpare i superminimi individuali o ridurre se non tagliare il salario integrativo per i nuovi assunti.
«La crisi di sistema ci obbliga ad un cambio di paradigma», ha spiegato Michelangelo Agrusti, presidente di Unindustria, che si declina anche in un’assunzione di responsabilità diretta «evitando le lamentazioni. Abbiamo scelto – ha proseguito – di sporcarci le mani di fronte al timore del venir meno di un’azienda storica come l’Electrolux, ex Zanussi, e della crisi Ideal Standard». La scelta di Unindustria travalica anche le critiche alla politica, sebbene citata quanto meno nella considerazione che, ancora una volta, «ci sarebbe necessità di politiche industriali e invece assistiamo a dibattiti sulla stabilità».
Uno scenario a cui si somma la variabile “tempo”, che in effetti è ridotto (tre i mesi per chiudere la questione Ideal Standard, altrettanti per l’investigazione Electrolux). Un orizzonte limitato, «ma è ciò che abbiamo per tentare di evitare la dissoluzione del tessuto produttivo di questo territorio».
Da qui la decisione di chiamare a raccolta chi poteva dare un contributo sostanziale nella ricerca di soluzioni, iniziando da Luigi Campello, fino a pochi mesi fa direttore generale di Electrolux; Maurizio Castro, che della multinazionale svedese è stato responsabile delle risorse umane; Paolo Candotti, oggi direttore di Unindustria ma già manager Electrolux oltre che di altre aziende; Innocenzo Cipolletta, presidente dell’università di Trento e responsabile del Fondo italiano di investimento; Tiziano Treu, ex ministro, professore di diritto del lavoro; Riccardo Illy, già presidente della Regione e imprenditore; Giuseppe Del Col, responsabile delle relazioni sindacali di Unindustria Pordenone.
Una proposta chiara, che ora verrà formulata al sindacato, non propriamente uno zuccherino, basata dunque su un mero scambio tra tutela occupazionale in cambio di moderazione salariale e flessibilità, che potrebbe essere dirompente. Sacrifici in cambio di posti di lavoro, nel tentativo di ridurre il costo orario del lavoro da 24 a 19 euro. Una riduzione, nel caso di Electrolux insufficiente a competere comunque con i costi degli stabilimenti polacchi,dove andrebbero le lavatrici oggi sfornate a Pordenone, ma d'altro canto sufficiente a rendere antieconomico il trasloco, per ammortizzare il quale ci vorrebbero qualcosa come dieci anni.

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