La mancata conferma per l’anno 2015 della
detassazione al 10% delle somme percepite dal lavoratore dipendente frutto di
accordi sindacali o premi di risultato aventi come fine il miglioramento della
competitività aziendale, potrebbe mettere a rischio, oltre al vantaggio fiscale
implicito della norma, anche in alcune circostanze il percepimento degli 80
euro di credito irpef derivante dal Bonus Renzi. Infatti l’agevolazione fiscale
della detassazione, prevedeva per il 2014 un’aliquota ridotta al 10% per i
premi di produzioni e premi di risultato e altre voci di salario legate ad
incrementi di produttività dell’azienda frutto di accordi sindacali fino a un
tetto massimo di 3.000 euro lordi di premio per chi non superasse i 40.000 euro
di reddito da lavoro dipendente nel 2013. Per il 2015 però la norma, introdotta
nel 2012 non è stata prorogata, in quanto non sono state trovate le necessarie
coperture finanziarie, pertanto ai premi nonché eventualmente agli straordinari
non solo non può essere applicata l’aliquota agevolata del 10 per cento, ma
sono a tutti gli effetti imponibili a livello fiscale le normali aliquote a
scaglioni previste dal Tuir.
Fino a tutto il 2014 questi premi, dal
punto di vista fiscale, venivano considerati salario di produttività e quindi
soggetti a tassazione separata e agevolata al 10%. Tale regola ha facilitato la
diffusione accordi sindacali e aziendali in quanti gli stessi comportavano pure
per le imprese vantaggi fiscali e contributivi.
Ad esempio un lavoratore con un reddito di
26.500 euro (di cui 3.000 generati dal premio di risultato) nel 2014 ha pagato
l’Irpef su 23.500 euro; per i 3.000 residui ha beneficiato di una tassazione
del 10% e di un credito d’imposta irpef di circa 640 euro (gli 80 euro al mese
del bonus Renzi stabilito da Decreto Legge n° 66 del 24 aprile 2014). A conti
fatti, pertanto, il reddito netto di tale lavoratore è stato di 21.790 euro
circa. L’assenza della proroga dell’agevolazione fiscale per il 2015 comporta
invece, da subito, la scomparsa della tassazione agevolata per il salario di
produttività. Il lavoratore-tipo, quindi, nelle medesime condizioni - reddito
di 26.500 euro (di cui 3.000 pagati con il premio di risultato) - si vedrà
tassata l’intera cifra con le aliquote Irpef e, non avendo quote sottoposte a
tassazione separata, disporrà di un reddito superiore ai 24mila euro, limite
stabilito per poter beneficiare dei famosi 80 euro al mese ( che saranno 960
euro nel 2015).
E’ evidente che leggendo, fino a 24.000
euro spettano 640 euro (80 euro circa in busta paga per 8 mesi da maggio a
dicembre 2014), mentre tra 24.000 euro e 26.000 c’è un ricalcolo. Più aumenta
il reddito e più scende il bonus (es. a 25.000 euro di reddito, il credito
spettante scende a 320 euro invece di 640 euro, la metà). Chi supera i 26.000
euro perde il diritto.
Ricapitolando quindi:
1) a 640 euro, se il reddito complessivo
non è superiore a 24.000 euro;
2) a 640 euro, se il reddito
complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. Il credito spetta
per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito
del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro”.
Ma c’è un modo per “aggirare” questa
situazione? Certamente e si chiama
previdenza complementare Infatti se il lavoratore decidesse di accantonare una
parte del suo reddito nel fondo pensione, per noi metalmeccanici COMETA,
aumentando ad esempio la quota mensile versata nel proprio comparto, ridurrà il
“reddito complessivo” conteggiato ai fini fiscali, generando un significativo
risparmio fiscale, che avrebbe benefiche ricadute anche su altri elementi come
detrazioni da lavoro dipendente, assegni per nucleo familiare e reddito ISEE,
tutti aspetti da prendere in considerazione.
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