mercoledì 26 marzo 2014

CON LA SALVAGUARDIA DEL PREMIO DI RISULTATO INDESIT, PRESERVATO UN PATRIMONIO CINQUANTENARIO DI RELAZIONI SINDACALI

L'accordo Indesit Company sulla salvaguardia del premio di risultato, oltre all'importantissimo risultato economico per i lavoratori, tenuto conto della fase di congiuntura non proprio felice del settore dell'elettrodomestico bianco e per la holding fabrianese, pemette di non dilapidare, disperdere, anzi consolidare e valorizzare la tradizione di un patrimonio di relazioni sindacali ed industriali di quasi mezzo secolo. Infatti, la contrattazione integrativa o di secondo livello in Merloni vede i suoi albori a metà degli anni ’60, ossia nel vivo del cosiddetto “boom economico”. In questo mezzo secolo, la contrattazione, sarà inevitabilmente influenzata dalle vicissitudini del gruppo, nonché dai mutamenti economici del lavoro in Italia. Allora il gruppo Merloni era uno e trino ed i fabbisogni dei lavoratori, erano di sicuro ben diversi da quelli odierni, ma in tutte le stagioni che hanno segnato la contrattazione, influenzate e caratterizzate da conquiste, a volte all’avanguardia addirittura del contratto nazionale, che ne recepì i suoi spunti innovativi. Era il 1965, quando si raggiungeva il primo accordo in seno alla galassia Merloni e da allora, la lunga strada, come detto, è stata influenzata anche con la lotta con le esigenze e dei lavoratori e delle aziende, passando dall’introduzione del cottimo, alle conquiste dei bisogni primari dei “metalmezzadri”, così come venivano definiti gli “operai-contadini” di allora, come la pausa mensa di 25’ e la creazione di un luogo fisico dove consumare il pasto all’interno del turno lavorativo, al problema della mobilità professionale o all’istituzione del monte ore per l’agibilità dell’attività sindacale. Ma negli anni ’80, in un periodo di forte crisi, l’allora Merloni Elettrodomestici e la Merloni Igienico sanitari, si proponevano il superamento della fase critica, attraverso l’aumento dell’efficacia di tutti i fattori della produzione e dell’organizzazione del lavoro. Era l’epoca della flessibilità dell’orario di lavoro come priorità per far fronte alla concorrenza. A ridosso degli anni ’90, nelle fabbriche Merloni, uscite dai problemi congiunturali del decennio precedente, si respira un’aria nuova. E’ cambiata la composizione del lavoro, c’è lo svecchiamento generazionale, entrano molti giovani, le donne nel 1991 in occasione della storica visita di Papa Giovanni Paolo II° a Melano, è aumentato il livello di scolarizzazione, formazione ed informazione, con aspirazioni maggiori, verso il successo individuale. Il lavoro non è visto solo come un mero mezzo di sopravvivenza, ma anche modo di espressione individuale, di realizzazione ed anche la contrattazione nella Merloni, passa da un modello “rivendicativo” a “partecipativo”, ispirato e basato su un confronto tra le parti. I contratti siglati, tenevano conto e valutavano le capacità e le possibilità dell’azienda e dei lavoratori, il cosiddetto salario per obiettivi, basato sull’efficienza globale, che se da un lato responsabilizzava maggiormente l’operaio, permetteva allo stesso di conoscere realmente le condizioni dell’azienda, tramite l’individuazione di eventuali deficienze. Si introducevano, azioni di sostegno sociale miranti a favorire il recupero ed il reinserimento di soggetti alle prese con problemi di tossicodipendenza. Ma il nuovo vento spingeva l’attenzione anche per l’ambiente, la riduzione dei consumi energetici, la qualità della vita con l’introduzione del part-time. L’orologio della contrattazione in Merloni, non poteva non tenere contro dell’età della concertazione, frutto dell’accordo del 23 luglio 1993, quello della politica dei redditi, della moderazione salariale e delle nuove relazioni sindacali. Entrava a far parte a pieno titolo, nella strategia del sindacato e dell’azienda il sistema partecipativo, con l’istituzione di diverse commissioni sia a livello nazionale, tra le quali significativa quella sulle pari opportunità che a livello aziendale sulla qualità, ambiente e ristorazione, sul modello “tedesco”, molto celebrato. Veniva istituito un sistema incentivante basato su criteri di produttività e qualità, due aspetti decisivi nell’agguerrito mercato degli elettrodomestici, collegato all’assiduità individuale al lavoro. E vista la valenza transnazionale del gruppo, veniva istituito il CAE (Comitato Aziendale Europeo), e successivamente il coordinamento nazionale delle RSU. Le ultime tornate contrattuali, avevano dimostrato, che esisteva il modo di tenere insieme le esigenze (economiche in primis) dei lavoratori, ma anche di stabilità lavorativa, con la creazione di un percorso, poi ripreso anche questo dal CCNL dei metalmeccanici, che garantiva la trasformazione a tempo indeterminato, degli interinali ed i determinati, al consolidamento dei volumi produttivi, e la competitività aziendale. L’ultimo contratto integrativo firmato (tuttora in essere grazie alla clausola di ultrattività), risale al luglio 2011 e riconosceva ai lavoratori, un premio di risultato complessivo ottenibile di 3541 euro lordi, sommato a quanto già negoziato nei precedenti integrativi. Il resto, come detto è storia di oggi.

(Tratto dal cottimo alla redditività- di Stefano Balestra)





Nessun commento:

Posta un commento