L'accordo
Indesit Company sulla salvaguardia del premio di risultato, oltre
all'importantissimo risultato economico per i lavoratori, tenuto
conto della fase di congiuntura non proprio felice del settore
dell'elettrodomestico bianco e per la holding fabrianese, pemette di non dilapidare, disperdere, anzi
consolidare e valorizzare la tradizione di un patrimonio di relazioni
sindacali ed industriali di quasi mezzo secolo. Infatti, la
contrattazione integrativa o di secondo livello in Merloni vede i
suoi albori a metà degli anni ’60, ossia nel vivo del cosiddetto
“boom economico”. In questo mezzo secolo, la contrattazione, sarà
inevitabilmente influenzata dalle vicissitudini del gruppo, nonché
dai mutamenti economici del lavoro in Italia. Allora il gruppo
Merloni era uno e trino ed i fabbisogni dei lavoratori, erano di
sicuro ben diversi da quelli odierni, ma in tutte le stagioni che
hanno segnato la contrattazione, influenzate e caratterizzate da
conquiste, a volte all’avanguardia addirittura del contratto
nazionale, che ne recepì i suoi spunti innovativi. Era il 1965,
quando si raggiungeva il primo accordo in seno alla galassia Merloni
e da allora, la lunga strada, come detto, è stata influenzata anche
con la lotta con le esigenze e dei lavoratori e delle aziende,
passando dall’introduzione del cottimo, alle conquiste dei bisogni
primari dei “metalmezzadri”, così come venivano definiti gli
“operai-contadini” di allora, come la pausa mensa di 25’ e la
creazione di un luogo fisico dove consumare il pasto all’interno
del turno lavorativo, al problema della mobilità professionale o
all’istituzione del monte ore per l’agibilità dell’attività
sindacale. Ma negli anni ’80, in un periodo di forte crisi,
l’allora Merloni Elettrodomestici e la Merloni Igienico sanitari,
si proponevano il superamento della fase critica, attraverso
l’aumento dell’efficacia di tutti i fattori della produzione e
dell’organizzazione del lavoro. Era l’epoca della flessibilità
dell’orario di lavoro come priorità per far fronte alla
concorrenza. A ridosso degli anni ’90, nelle fabbriche Merloni,
uscite dai problemi congiunturali del decennio precedente, si respira
un’aria nuova. E’ cambiata la composizione del lavoro, c’è lo
svecchiamento generazionale, entrano molti giovani, le donne nel 1991
in occasione della storica visita di Papa Giovanni Paolo II° a
Melano, è aumentato il livello di scolarizzazione, formazione ed
informazione, con aspirazioni maggiori, verso il successo
individuale. Il lavoro non è visto solo come un mero mezzo di
sopravvivenza, ma anche modo di espressione individuale, di
realizzazione ed anche la contrattazione nella Merloni, passa da un
modello “rivendicativo” a “partecipativo”, ispirato e basato
su un confronto tra le parti. I contratti siglati, tenevano conto e
valutavano le capacità e le possibilità dell’azienda e dei
lavoratori, il cosiddetto salario per obiettivi, basato
sull’efficienza globale, che se da un lato responsabilizzava
maggiormente l’operaio, permetteva allo stesso di conoscere
realmente le condizioni dell’azienda, tramite l’individuazione di
eventuali deficienze. Si introducevano, azioni di sostegno sociale
miranti a favorire il recupero ed il reinserimento di soggetti alle
prese con problemi di tossicodipendenza. Ma il nuovo vento spingeva
l’attenzione anche per l’ambiente, la riduzione dei consumi
energetici, la qualità della vita con l’introduzione del
part-time. L’orologio della contrattazione in Merloni, non poteva
non tenere contro dell’età della concertazione, frutto
dell’accordo del 23 luglio 1993, quello della politica dei redditi,
della moderazione salariale e delle nuove relazioni sindacali.
Entrava a far parte a pieno titolo, nella strategia del sindacato e
dell’azienda il sistema partecipativo, con l’istituzione di
diverse commissioni sia a livello nazionale, tra le quali
significativa quella sulle pari opportunità che a livello aziendale
sulla qualità, ambiente e ristorazione, sul modello “tedesco”,
molto celebrato. Veniva istituito un sistema incentivante basato su
criteri di produttività e qualità, due aspetti decisivi
nell’agguerrito mercato degli elettrodomestici, collegato
all’assiduità individuale al lavoro. E vista la valenza
transnazionale del gruppo, veniva istituito il CAE (Comitato
Aziendale Europeo), e successivamente il coordinamento nazionale
delle RSU. Le ultime tornate contrattuali, avevano dimostrato, che
esisteva il modo di tenere insieme le esigenze (economiche in primis)
dei lavoratori, ma anche di stabilità lavorativa, con la creazione
di un percorso, poi ripreso anche questo dal CCNL dei metalmeccanici,
che garantiva la trasformazione a tempo indeterminato, degli
interinali ed i determinati, al consolidamento dei volumi produttivi,
e la competitività aziendale. L’ultimo contratto integrativo
firmato (tuttora in essere grazie alla clausola di ultrattività),
risale al luglio 2011 e riconosceva ai lavoratori, un premio di
risultato complessivo ottenibile di 3541 euro lordi, sommato a quanto
già negoziato nei precedenti integrativi. Il resto, come detto è
storia di oggi.
(Tratto
dal cottimo alla redditività- di Stefano Balestra)