Sarà un “autunno caldo” quello che
si prospetta da settembre in poi sul versante sindacale? I presupposti sembrano
esserci tutti, se come certifica l’Istat a giugno scorso, ci sono 8,2 milioni
di lavoratori, tra pubblico e privato in attesa del rinnovo del contratto
scaduto. I contratti che sono scaduti sono ben 50, ma in prospettiva immediata
ce ne sono altri che andranno in scadenza nei prossimi mesi. E tra quelli
scaduti, come noto c’è, quello dei metalmeccanici industria, scaduto a dicembre
2015, sul cui rinnovo c’era la consapevolezza di trovarsi di fronte per il
contesto economico dei nostri tempi, al più difficile rinnovo della storia.
La vertenza simbolo, quella dei
metalmeccanici, che riguarda 1 milione e 600 mila lavoratori, si è incattivita
e si preparano, dopo la pausa feriale di agosto altri scioperi e iniziative. Nella storia delle relazioni industriali italiane,il contratto delle tute blù, ha sempre avuto un ruolo preponderante, anticipando spesso soluzioni nuove, essendo il termometro dei rapporti tra le parti. Il
meccanismo si è incagliato contro lo scoglio della deflazione (il contrario
dell’inflazione con prezzi in calo), con le aziende che sostengono, nella loro
contro-piattaforma che il potere d’acquisto è tutelato e non c’è ragione di
dare aumenti di salario per questa voce mentre sarebbe logico darli solo in
azienda in relazione alla produttività. Da qui la proposta iniziale di
Federmeccanica di aumento di 2,67€ in tre anni, per poi chiedere indietro, o
meglio scontare il differenziale inflazionistico di 75 € (74,68 € per la
precisione), portati a casa da Fim e Uilm nella tornata contrattuale del
dicembre 2012, ritenuto non dovuto in virtù della deflazione.
La piattaforma contrattuale di Fim e
Uilm, presentata a luglio del 2015, aveva i seguenti capisaldi: garantire
la partecipazione
dei lavoratori e tutelare i salari dall’inflazione, incremento
salariale di 105 euro al mese per i dipendenti di quinta categoria.
Contrattazione
di secondo
livello che
va articolata
a livello aziendale o territoriale per gruppi di piccole imprese. Previdenza:
aumentare quella complementare pensionistica e sanitaria. Sistema
d’inquadramento: riforma di un meccanismo ritenuto vetusto da tempo, con passaggio
dalle attuali dieci categorie a un sistema di cinque fasce professionali.
Il braccio di ferro tra sindacati e
industriali (Federmeccanica e Assistal) si è dipanato nei ben 16 incontri
svolti, ma le posizioni sono rimaste molto distanti. L’impegno di Fim Cisl,
Fiom Cgil e Uilm Uil è rivolto a un nuovo contratto nazionale in grado di
rinnovare qualitativamente le relazioni industriali, migliorare le condizioni
di lavoro, tutelare l'occupazione, far ripartire gli investimenti e avviare una
nuova politica industriale.
Il nodo principale resta l’aumento
salariale. La proposta formulata da Federmeccanica e Assistal, infatti, non
riconosce al 95 per cento dei lavoratori alcun aumento, rendendo così inutile e
residuale il contratto nazionale. Fim, Fiom e Uilm, in un inedito contesto
unitario, tornate coese dopo otto anni di divisioni, forse più per una
necessità contingente, che per una maturazione sindacale, rimarcano invece la
necessità di confermare il sistema su due livelli, con il ruolo generale del
Ccnl sulle normative e sulla tutela del potere d'acquisto del salario, insieme
alla qualificazione e all’estensione della contrattazione di secondo livello
(aziendale e territoriale) per tutte le persone che lavorano nelle imprese
metalmeccaniche.
Uniche note positive della
piattaforma padronale sono sul versante del welfare, sia per l’assistenza
sanitaria di Metasalute con l’estensione a tutti i lavoratori e alle loro
famiglie, azzerati i contributi
del lavoratore al fondo sanitario di categoria, cui l’azienda darà 156
euro annui (pari a una copertura assicurativa con valore di mercato di
700 euro), ma anche sul fronte della previdenza complementare di Cometa con l’aumento
della contribuzione del lavoratore dall’1,6% al 2% a totale carico
dell’azienda.
Intanto sono state oltre 20 ore di
scioperi complessivi da aprile a oggi, che hanno visto una straordinaria prova
di maturità e partecipazione dei lavoratori e all’orizzonte ci sono nuove
mobilitazioni che possano spingere Federmeccanica a fare marcia indietro rispetto
alla volontà di erogare incrementi salariali solo per quei lavoratori sotto il
salario minimo di garanzia lasciando che per tutti gli altri sia la
contrattazione aziendale a decidere degli aumenti in busta paga, in poche
parole la proposta su cui è ferma dal lontano 22 dicembre 2015.
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