In vista della discussione in aula del testo della Legge di Stabilità 2015 - l’arrivo alla Camera dei Deputati è previsto per il prossimo 24 novembre- prende corpo la mobilitazione dei patronati e delle organizzazioni dei lavoratori veneziane per modificarne la norma che prevede un drastico taglio (pari a oltre un terzo) delle risorse destinante all’attività di patronato.
I patronati CEPA (quelli collegati alle organizzazioni del lavoro, Inas Cisl, Inca Cgil, Ital Uil e Acli), rivendicano infatti il diritto per i cittadini di poter beneficiare gratuitamente della loro assistenza e tutela, una condizione che verrebbe di fatto cancellata dalla riduzione dei finanziamenti che- sottolineano- non è carico dello Stato ma di un fondo alimentato da una piccola quota (0,226) dei contributi previdenziali versati dai lavoratori dipendenti ed autonomi, che si vorrebbe portare allo 0,148% (-34,5%) Una posizione condivisa in pieno dalle organizzazioni sindacali che, a sostegno delle loro posizioni, fanno richiamo al dettato costituzionale.
L’attività dei patronati è cresciuta in modo esponenziali negli ultimi anni a seguito della progressiva riduzione degli sportelli al pubblico dell’Inps e dalla introduzione della telematica nella gestione di tutte le pratiche previdenziali ed assistenziali. “La sinergia tra patronati ed enti socio-assistenziali dovrebbe essere presa ad esempio come modello di efficienza, riduzione dei costi e qualità del servizio al pubblico da proporre a tutta la pubblica amministrazione”.
L’obiettivo è duplice: informare i cittadini sugli effetti nefasti che comporta la norma della Legge di Stabilità 2015 dove si prevede un taglio drastico delle risorse destinati al funzionamento gratuito ed universale dei patronati e raccogliere firme sulla petizione nazionale in cui si chiede al governo di ritirare questa scelta. Si tratta di una vera e propria campagna di sensibilizzazione, organizzata in modo unitario dai patronati aderenti al CEPA, che ha preso il via dopo che le voci sul taglio delle risorse del Fondo Patronati si sono tramutate nella peggiore delle ipotesi: il testo di legge inviato alle Camere prevede un secco – 35% già a partire da quest’anno che in euro si traduce in meno 150 milioni, dei 430 previsti annualmente. Vale la pena ricordare che l'attività dei patronati, fa risparmiare ogni anno alla pubblica amministrazione qualcosa come 657 milioni di euro. Pr ogni euro, erogato ai patronati la P.A. risparmia 0,53 €. Al fatto che in pochi anni i patronati hanno raddoppiato utenti e attività, concorrono più cause. La prima è che l’Inps ha ridotto notevolmente l’apertura dei propri sportelli al pubblico e ha informatizzato tutte le procedure, compresa la raccolta delle domande. Lo ha fatto per contenere i costi e aumentare la sua efficienza. Le persone si sono quindi rivolte ai patronati, più di prima. Abbiamo stimato che nel 2013 l’insieme dei patronati (sono almeno una ventina quelli con una presenza significativa) hanno avuto 14 milioni di contatti che corrispondono ad almeno 7-8 milioni di cittadini. Nel caso dell’Inas siamo passati dal milione e 100 mila del 2008 ai 2,2 milioni del 2013: un raddoppio dei contatti. Aggiungiamo che la crisi e gli interventi di riforma hanno dato luogo a due fenomeni contrapposti: meno domande di pensione (ma tanta richieste di informazioni in più) e aumento vertiginoso delle pratiche di assistenza sociale per i disoccupati.
Evidentemente però questa crescita da fastidio a quei gruppi di interesse che puntano a fare pressione sull’opinione pubblica e sulla politica per ottenere un drastico taglio delle risorse destinate ai patronati. Certamente torneranno alla carica nei prossimi mesi, in prossimità delle manovre finanziarie del governo e dei provvedimenti della cd spending review.
Le argomentazioni di tali gruppo, sono infondate e gli obiettivi sono diversi da quelli dichiarati. Partiamo dalle argomentazioni. Dicono che i patronati sono i forzieri, il bancomat dei sindacati. Nulla di più lontano dalla realtà. Oggi i grandi patronati, come lo è l’Inas, fanno fronte al bisogno di assistenza delle persone grazie anche ad una rete di collaboratori messi a disposizione (compensi compresi) dai sindacati di riferimento. L’attività è stata raddoppiata grazie a loro, alla informatizzazione, ad una migliore organizzazione del lavoro e ad un forte aumento della produttività. Il finanziamento pubblico è già stato ridotto. L’obiettivo vero è quello di cancellare la gratuità di questi servizi, obbligare le persone a pagarsi l’assistenza e la tutela. Una ipotesi inaccettabile, proprio mentre il loro lavoro è visto in maniera positiva dai cittadini. Proprio per questo si vuole eliminarne la gratuità. Due anni fa un istituto di ricerca ha sondato l’opinione degli italiani sui patronati, Inas compreso. Il risultato ha sorpreso noi e pure i ricercatori: l’89% degli intervistati ha espresso un giudizio positivo se non lusinghiero sul modo con cui operiamo e non solo sulla gratuità ma anche, ad esempio, per il fatto che spesso, oltre che a fornire assistenza, i nostri operatori sono gli unici che ascoltano i loro problemi.
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