E' evidente che dopo quanto accaduto per gli stabilimenti Indesit di Brembate e Refrontolo, ed ultimamente per il sito di None in Piemonte, un altro polo del bianco degli elettrodomestici scompare dalla mappa industriale italiana. Un pericoloso ‘effetto domino’ di fronte al quale il Governo non può restare a guardare: bisogna che tutti i soggetti interessati, sindacati, aziende ed enti locali, si impegnino per trovare soluzioni condivise, prima che sia troppo tardi, e salvaguardare un patrimonio produttivo storico del made in Italy, uno dei motori del boom economico italiano degli anni '60, ed oltretutto, con 120 mila addetti tra diretti ed indotto, ancora secondo bacino occupazionale nel manifatturiero per numero di occupati in Italia, dietro l'automotive. Ma nel 2003, gli addetti erano 180mila.
La difficile vertenza Indesit (nella foto l'ad. Marco Milani ed il presidente Andrea Merloni), ha confermato, qualora ce ne fosse bisogno, la forte crisi dell'elettrodomestico, frutto anche della totale assenza negli anni passati di politiche industriali per il settore.
Una crisi che attanaglia anche gli altri competitor del settore, come Electrolux, Whirlpool, Candy. Per decenni l'Italia è stata la fabbrica d'Europa degli elettrodomestici, grazie ad imprenditori lungimiranti come lo stesso Merloni, Zanussi, Borghi, Fumagalli, finchè la globalizzazione ha scompaginato il panorama.
Secondo alcune stima in termini di volumi produttivi, si è tornati indietro di 20 anni, con 15 milioni di pezzi prodotti contro i 30 milioni di 10 anni fà. Si corre il rischio di una desertificazione del settore in zone come Marche, Veneto, Friuli, Brianza, Varesotto, Campania.
Nessun commento:
Posta un commento