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e c’era bisogno di un segnale da inviare a Federmeccanica sulla volontà
di rinnovare il contratto nazionale di lavoro, scaduto il 31 dicembre scorso,
ebbene questo c’è stato. Anche nelle fabbriche
fabrianesi della Whirlpool di Melano e Albacina, alle prese con un
complicato piano d’integrazione, siglato lo scorso anno, le tute blu hanno
risposto in massa “presente”, con percentuali di adesione allo sciopero
superiori al 90%. Hanno deciso di non voltare le spalle al proprio futuro,
tornando a manifestare, lottare, sventolare le bandiere, dire di no alla
proposta di Federmeccanica, in maniera compatta, unitaria, mettendo alle spalle
le divergenze, le diversità, che avevano caratterizzato gli otto anni
precedenti, ossia quelli degli ultimi due contratti separati, siglati da Fim e
Uilm, dopo neanche un’ora di sciopero.
Le assemblee nelle fabbriche, gli attivi unitari hanno rispolverato una
volontà di unità sindacale, di compattezza di fronte a quelle che una volta
erano definite, le proposte “padronali”, in una partita, forse la più difficile
della storia del contratto dei metalmeccanici, perché in presenza
della”deflazione”, ma anche perché le proposte di Federmeccanica tra le cui
spicca quella di istituire un salario minimo di garanzia, che, di fatto, non
riconosce alcun aumento al 95 per cento dei lavoratori.
Fim, Fiom e Uilm chiedono invece un contratto nazionale “che garantisca
il reale potere d’acquisto del salario per tutti i metalmeccanici, che estenda
la contrattazione aziendale a chi non l’ha e che tuteli tutte le forme di
lavoro”.
“Svuotare le fabbriche”, era lo slogan di Fim, Fiom e Uilm e il segnale
forte in tal senso sembra esserci stato.
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