lunedì 1 ottobre 2018

LA SPOON RIVER DELL'ELETTRODOMESTICO ITALIANO



La cessione di Candy ai cinesi dell’Haier, il maggior gruppo al mondo per la produzione di elettrodomestici, non è che l’ultimo passo di quella che può ormai considerarsi l’ex industria italiana del “bianco”. Sul comparto made in Italy, che ha visto in passato tra i protagonisti personaggi del calibro di Giovanni Borghi, il “cumenda” patron dell’Ignis, acquisita prima da Philips e ora sotto l’ala di Whirlpool, Lino Zanussi dell’omonima azienda, passata negli anni ’80 agli svedesi di Electrolux, Vittorio Merloni anche presidente di Confindustria, con la sua Merloni Elettrodomestici e poi Indesit Company, ceduta a Whirlpool e Peppino Fumagalli fondatore della Candy, non sventola più il tricolore e parla straniero. Un comparto in grado di caratterizzare il boom economico italiano degli anni post bellici, che storicamente ha garantito un significativo contributo al saldo commerciale del paese e che comunque rappresenta il secondo in Italia in quanto lavoratori occupati. Già nel 2017 la produzione in Italia di elettrodomestici, secondo il Ceced Italia (oggi Applia),l'associazione che raggruppa i produttori di apparecchi domestici e professionali, era calata del 9,5%,scendendo sotto la soglia psicologica dei 10 milioni di unità prodotte. Per quanto inattesa, la cessione del gruppo di Brugherio, si poteva ipotizzare, Candy appariva troppo piccola, com’era accaduto nel 2014 a Indesit, in un settore caratterizzato da player globali e dalle grandi risorse finanziarie. D’altro canto Haier trova la sua testa di ponte per espandersi nel vecchio Continente.
“Pesce grosso mangia pesce piccolo”, questa la dinamica che da sempre anima il comparto del “bianco”. Un processo di concentrazione a livello prettamente orizzontale,ossia tra imprese concorrenti. La sopravvivenza dei produttori minori, può durare finché dura la loro redditività e questa in un mondo di competitori globali, è difficile da mantenere nel tempo, dove i margini di profitto, sono esigui per natura in un settore a basso valore aggiunto. Quello che è capitato a Candy, ma che nel 2014 era successo all’Indesit Company, acquisita dall’americana Whirlpool, è un fenomeno dunque insito nello stesso DNA del settore.  Paradossalmente l'Indesit, era rimasta invischiata in quella politica di “merger & acquisition”, che proprio l’holding fabrianese del bianco, allora Merloni Elettrodomestici, contribuì ad accelerare fortemente nel 1987 con l'acquisizione dell’Indesit, per cinquanta miliardi delle vecchie lire, che era in amministrazione straordinaria in base alla legge Prodi. La Merloni all’epoca era il principale concorrente in Italia dell’Indesit stessa.

Inizialmente il mercato degli elettrodomestici bianchi in Europa si caratterizzò più come un’aggregazione di diversi mercati nazionali che come un vasto mercato omogeneo come negli Stati Uniti. La rapida crescita della domanda di elettrodomestici bianchi a livello europeo per circa venti anni dopo la Seconda guerra Mondiale finì all’inizio degli anni Settanta. Già nel 1972 il livello della saturazione dei mercati aveva raggiunto l’80% per i frigoriferi e il 70% per le lavatrici, mentre le lavastoviglie presentavano ancora buone prospettive di crescita. Di conseguenza, il peso della domanda di sostituzione rispetto alla domanda di primo acquisto aumentò in tutti i principali segmenti, al punto che alla fine degli anni ’80 in media il 90% dei frigoriferi e l’80% delle lavatrici erano acquistati per sostituire prodotti ormai datati.

L’ingresso nella fase di maturità e l’eccesso di capacità produttiva installata rispetto alla domanda portarono a un incremento della competizione sul fronte dei prezzi e guidarono l’avvio di un processo di concentrazione che caratterizzò in modo crescente la struttura del settore. I maggiori produttori nazionali progressivamente erosero quota di mercato alle imprese di minori dimensioni dando via a un processo di fusioni e acquisizioni che ben presto travalicò i confini nazionali. Il consolidamento internazionale del settore ebbe inizio nel corso degli anni ’70 e si affermò alla fine degli anni ’80. Alcune delle principali operazioni in questo periodo riguardarono l’italiana Zanussi, che divenne dapprima il primo produttore europeo come capacità produttiva installata attraverso acquisizioni sul mercato nazionale e l’alleanza con AEG-Telefunken, e che venne poi a sua volte acquisita nel 1984 dal gruppo svedese Electrolux; l’olandese Philips che acquisì l’italiana Ignis; le tedesche Bosch e Siemens, che si fusero nel 1972 dando vita a un gruppo capace di coprire l’intera gamma del bianco. Il trend verso la concentrazione nella struttura del settore, come detto, fa parte del suo stesso dna, mentre nel 1970, 400 imprese produttrici (di cui 200 italiane), si spartivano il 70% del mercato europeo, nel decennio successivo erano 150 e appena 15 negli anni ’90, nel 2000 solo 9 imprese controllavano l’84% di un mercato che aveva raggiunto un volume di produzione di 60 milioni di unità annue, pari al 25% della produzione mondiale. Nonostante centinaia d’imprese fossero scomparse nel processo di razionalizzazione, continuavano a sopravvivere decine di marchi differenti attraverso i quali le stesse imprese erano solite operare quando erano ancora in vita.

Nel 2000 il maggiore produttore a livello europeo era Bosch-Siemens, con una quota di mercato del 17,6%, seguito da Electrolux con il 15,5%, Merloni (oggi Indesit Company), con il 10% e Whirlpool con il 9,4%. Nella fascia più alta del mercato si ponevano imprese che offrivano una linea completa di elettrodomestici come la tedesca Bosch-Siemens e la svedese Miele, oltre ad alcuni produttori specializzati in alcune linee specifiche, come la tedesca Guggenau o l’italiana SMEG. Nella fascia intermedia del mercato competevano invece produttori come la svedese Electrolux-Zanussi, la divisione europea della Whirlpool, le italiane Merloni e Candy o la francese Thompson-Brandt. La fascia più bassa del mercato era invece servita da numerose imprese che offrivano prodotti a basso costo a un mercato di massa. Recentemente in questa fascia erano entrate anche imprese produttrici dell’Europa Orientale. Lo scenario attuale continentale, vede primeggiare la Bosch Siemens, con la Whirlpool, che pur non essendo stata in grado di far fruttare, in termini di quote di mercato l’acquisizione di Indesit, al secondo posto e poi Electrolux. Nuovi attori del mercato Emea dei beni bianchi, hanno gli occhi a mandorla e vengono dalla Corea e sono Lg e Samsung, mentre in forte ascesa sono i turchi della Beko del gruppo Koc - Arcelik, che sta scalando gli impervi sentieri dello stagnante mercato europeo. La chiavi del successo che permettono loro di erodere quote di mercato agli altri player, vanno ricercate nell’ottimo rapporto qualità – prezzo, senza dimenticare la debolezza della lira turca, la cui perdita di valore rispetto all’euro, favorisce l’export e infine il costo del lavoro più basso rispetto alle fabbriche dell’ovest Europa, ma questa ormai, per noi è storia purtroppo vecchia e annosa.(s.b.)





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