La
cessione di Candy ai cinesi dell’Haier, il maggior gruppo al mondo per la
produzione di elettrodomestici, non è che l’ultimo passo di quella che può
ormai considerarsi l’ex industria italiana del “bianco”. Sul comparto made in
Italy, che ha visto in passato tra i protagonisti personaggi del calibro di
Giovanni Borghi, il “cumenda” patron dell’Ignis, acquisita prima da Philips e
ora sotto l’ala di Whirlpool, Lino Zanussi dell’omonima azienda, passata negli
anni ’80 agli svedesi di Electrolux, Vittorio Merloni anche presidente di
Confindustria, con la sua Merloni Elettrodomestici e poi Indesit Company,
ceduta a Whirlpool e Peppino Fumagalli fondatore della Candy, non sventola più il tricolore e parla
straniero. Un comparto in grado di caratterizzare il boom economico
italiano degli anni post bellici, che storicamente ha garantito un
significativo contributo al saldo commerciale del paese e che comunque
rappresenta il secondo in Italia in quanto lavoratori occupati. Già nel 2017 la
produzione in Italia di elettrodomestici, secondo il Ceced Italia (oggi
Applia),l'associazione che raggruppa i produttori di apparecchi domestici e
professionali, era calata del 9,5%,scendendo sotto la soglia psicologica dei 10
milioni di unità prodotte. Per quanto inattesa, la cessione del gruppo di
Brugherio, si poteva ipotizzare, Candy appariva troppo piccola, com’era
accaduto nel 2014 a Indesit, in un settore caratterizzato da player globali e
dalle grandi risorse finanziarie. D’altro canto Haier trova la sua testa di
ponte per espandersi nel vecchio Continente.
“Pesce
grosso mangia pesce piccolo”, questa la dinamica che da
sempre anima il comparto del “bianco”. Un processo di concentrazione a livello
prettamente orizzontale,ossia tra imprese concorrenti. La sopravvivenza dei
produttori minori, può durare finché dura la loro redditività e questa in un
mondo di competitori globali, è difficile da mantenere nel tempo, dove i
margini di profitto, sono esigui per natura in un settore a basso valore
aggiunto. Quello che è capitato a Candy, ma che nel 2014 era successo
all’Indesit Company, acquisita dall’americana Whirlpool, è un fenomeno dunque
insito nello stesso DNA del settore. Paradossalmente l'Indesit, era
rimasta invischiata in quella politica di “merger & acquisition”, che
proprio l’holding fabrianese del bianco, allora Merloni Elettrodomestici, contribuì
ad accelerare fortemente nel 1987 con l'acquisizione dell’Indesit, per
cinquanta miliardi delle vecchie lire, che era in amministrazione straordinaria
in base alla legge Prodi. La Merloni all’epoca era il principale concorrente in
Italia dell’Indesit stessa.
Inizialmente
il mercato degli elettrodomestici bianchi in Europa si caratterizzò più come
un’aggregazione di diversi mercati nazionali che come un vasto mercato omogeneo
come negli Stati Uniti. La rapida crescita della domanda di elettrodomestici
bianchi a livello europeo per circa venti anni dopo la Seconda guerra Mondiale
finì all’inizio degli anni Settanta. Già nel 1972 il livello della saturazione
dei mercati aveva raggiunto l’80% per i frigoriferi e il 70% per le lavatrici,
mentre le lavastoviglie presentavano ancora buone prospettive di crescita. Di
conseguenza, il peso della domanda di sostituzione rispetto alla domanda di
primo acquisto aumentò in tutti i principali segmenti, al punto che alla fine
degli anni ’80 in media il 90% dei frigoriferi e l’80% delle lavatrici erano
acquistati per sostituire prodotti ormai datati.
L’ingresso
nella fase di maturità e l’eccesso di capacità produttiva installata rispetto
alla domanda portarono a un incremento della competizione sul fronte dei prezzi
e guidarono l’avvio di un processo di concentrazione che caratterizzò in modo
crescente la struttura del settore. I maggiori produttori nazionali
progressivamente erosero quota di mercato alle imprese di minori dimensioni
dando via a un processo di fusioni e acquisizioni che ben presto travalicò i
confini nazionali. Il consolidamento internazionale del settore ebbe inizio nel
corso degli anni ’70 e si affermò alla fine degli anni ’80. Alcune delle
principali operazioni in questo periodo riguardarono l’italiana Zanussi, che
divenne dapprima il primo produttore europeo come capacità produttiva
installata attraverso acquisizioni sul mercato nazionale e l’alleanza con
AEG-Telefunken, e che venne poi a sua volte acquisita nel 1984 dal gruppo
svedese Electrolux; l’olandese Philips che acquisì l’italiana Ignis; le
tedesche Bosch e Siemens, che si fusero nel 1972 dando vita a un gruppo capace
di coprire l’intera gamma del bianco. Il trend verso la concentrazione nella
struttura del settore, come detto, fa parte del suo stesso dna, mentre nel
1970, 400 imprese produttrici (di cui 200 italiane), si spartivano il 70% del
mercato europeo, nel decennio successivo erano 150 e appena 15 negli anni ’90,
nel 2000 solo 9 imprese controllavano l’84% di un mercato che aveva raggiunto
un volume di produzione di 60 milioni di unità annue, pari al 25% della
produzione mondiale. Nonostante centinaia d’imprese fossero scomparse nel
processo di razionalizzazione, continuavano a sopravvivere decine di marchi
differenti attraverso i quali le stesse imprese erano solite operare quando
erano ancora in vita.
Nel 2000
il maggiore produttore a livello europeo era Bosch-Siemens, con una quota di
mercato del 17,6%, seguito da Electrolux con il 15,5%, Merloni (oggi Indesit
Company), con il 10% e Whirlpool con il 9,4%. Nella fascia più alta del mercato
si ponevano imprese che offrivano una linea completa di elettrodomestici come
la tedesca Bosch-Siemens e la svedese Miele, oltre ad alcuni produttori
specializzati in alcune linee specifiche, come la tedesca Guggenau o l’italiana
SMEG. Nella fascia intermedia del mercato competevano invece produttori come la
svedese Electrolux-Zanussi, la divisione europea della Whirlpool, le italiane
Merloni e Candy o la francese Thompson-Brandt. La fascia più bassa del mercato
era invece servita da numerose imprese che offrivano prodotti a basso costo a
un mercato di massa. Recentemente in questa fascia erano entrate anche imprese
produttrici dell’Europa Orientale. Lo scenario attuale continentale, vede
primeggiare la Bosch Siemens, con la Whirlpool, che pur non essendo stata in
grado di far fruttare, in termini di quote di mercato l’acquisizione di
Indesit, al secondo posto e poi Electrolux. Nuovi attori del mercato Emea dei
beni bianchi, hanno gli occhi a mandorla e vengono dalla Corea e sono Lg e
Samsung, mentre in forte ascesa sono i turchi della Beko del gruppo Koc -
Arcelik, che sta scalando gli impervi sentieri dello stagnante mercato europeo.
La chiavi del successo che permettono loro di erodere quote di mercato agli
altri player, vanno ricercate nell’ottimo rapporto qualità – prezzo, senza
dimenticare la debolezza della lira turca, la cui perdita di valore rispetto
all’euro, favorisce l’export e infine il costo del lavoro più basso rispetto
alle fabbriche dell’ovest Europa, ma questa ormai, per noi è storia purtroppo
vecchia e annosa.(s.b.)
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