Ben venga la caccia ai cosiddetti furbetti della "104",
ossia quella legge che permette di usufruire, secondo quanto previsto dalla
normativa di tre giorni al mese di congedo, regolarmente retribuiti coperti da
contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per poter assistere i
propri congiunti affetti da gravi forme di disabilità. Purtroppo
sempre più frequentemente le cronache portano alla ribalta casi di
“centoquattristi” che in realtà utilizzano i suddetti congedi, come
giorni di ferie extra, per vacanze e attività personali che nulla hanno a che
fare con l'assistenza a disabili, mentre in alcune circostanze, quelle di vera
sofferenza, capita che i tre giorni non bastano neanche. Un malcostume tutto
italiano, sempre difficile da estirpare, al cui debellamento a volte
contribuisce il voyeurismo fotografico dei social che permette di incastrare i
furbetti, anche grazie alle fotografie delle malefatte, “inconsapevolmente”
postate sui social network, che si trasformano in un vero e proprio boomerang. E negli ultimi anni, con il crescere del
ricorso a questo tipo di permessi sono aumentati in maniera esponenziale anche
i casi di abusi perpetrati. Chi abusa dei permessi e della Legge 104 può essere
licenziato per giusta causa dal datore di lavoro anche se non configura un
reato. Lo ha confermato in svariate circostanze la Corte di Cassazione con
diverse sentenze. Chi usufruisce della 104 per assistere un familiare disabile
può svolgere però anche una serie di commissioni fuori casa, se strettamente
connesse all’attività di assistenza. A stabilirlo è stata la Corte
di Cassazione con una recente sentenza, la numero 23891/2018, dello
scorso 2 ottobre, in cui è stata chiamata a pronunciarsi a
proposito di un lavoratore, che era stato licenziato, per aver fatto la
spesa "nell'orario di fruizione del permesso" e "che
poi aveva portato a casa della madre, convivente con la sorella", entrambe
disabili. La Suprema Corte, nel suo pronunciamento, ha infine "dato conto
dell'insussistenza dell'addebito contestato al lavoratore attraverso la
ricostruzione delle incombenze svolte" perché "l'assistenza" va
intesa "in una eccezione più ampia". In poche parole, se non c’è
scopo personale nell’utilizzo dei permessi, non c’è abuso di diritto. (S.B.)
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