"Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce".
Anche le relazioni industriali e sindacali non si sottraggono dalla verità contenuta in questa famosa frase del
filosofo cinese Lao Tzu, fondatore del taoismo.
Infatti, mentre le situazioni di rottura sono oggetto di clamori mediatici, le innovazioni incrementali nelle relazionali tra capitale e lavoro finiscono per restare sotto-traccia, nonostante rappresentino un fattore di miglioramento continuo. E’ il caso dell’accordo sindacale globale realizzato in Indesit Company, che estende
(primo caso di un’azienda a casa madre italiana) ai paesi extra-comunitari i diritti d’informazione e consultazione dei lavoratori, previsti dal quadro legale europeo.
Dal primo gennaio 2013 il Comitato Aziendale Europeo di Indesit Company allargherà il suo perimetro geografico, trasformandosi in Comitato Aziendale Internazionale, includendo a pieno titolo anche i rappresentanti dei lavoratori e dei sindacati dei siti manifatturieri presenti nei paesi al di fuori dell’UnioneEuropea.
Il nuovo accordo porta la firma di IndustriALL Global Union, del sindacato europeo dell’industria e dei diversi sindacati che hanno proprie rappresentanze dei lavoratori nei siti di Indesit Company (Francia, Italia, Polonia, Regno Unito, Russia e Turchia). In Italia l’accordo è stato firmato unitariamente dallerappresentanze sindacali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil. Ma non è questa la notizia!
E’ insito nella strategia di organizzazione delle reti sindacali globali (e dei comitati mondiali) nelle imprese transnazionali promuovere l’unità dei lavoratori.
Il management di Indesit Company non è nuovo a fare da apripista nelle relazioni industriali transnazionali.
Quando l’azienda si chiamava Merloni Elettrodomestici, aveva istituito per prima in Italia il CAE – con un accordo firmato nel luglio del 1996 – e nel dicembre 2000 era stata la prima azienda metalmeccanica nel mondo a negoziare e firmare con i sindacati un Accordo quadro internazionale sull’applicazione dei diritti fondamentali del lavoro in tutti siti del Gruppo e nella propria supply chain.
Quanto ciò sia importante lo conferma la scelta annunciata dal management Indesit di voler produrre dal 2013 in outsourcing in Cina un’ampia gamma di piccoli elettrodomestici con il marchio Hotpoint-Ariston,
nell’ambito di una strategia di crescita del Gruppo per linee esterne. Assicurare che nelle fabbriche cinesi che produrranno per Indesit siano rispettate le convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro è una garanzia di tutela minima dei lavoratori coinvolti, ma anche di salvaguardia della qualità, del design e del
brand con i quali quei prodotti saranno venduti in Europa. Pensiamo, per un istante, quali sarebbero le ricadute negative in termini d’immagine (e di mercato) per l’insieme del Gruppo, riscontrare nelle fabbriche che lavoreranno in outsourcing per Indesit l’impiego di minori o casi di lavoro forzoso.
Estendere, quindi, il dialogo sociale e i diritti oltre i confini comunitari è il modo migliore per difendere il modello di relazioni europee, sottoposto dalla globalizzazione dell’economia e dai nuovi luoghi della “fabbrica internazionale” a una pressione concentrica verso il basso. I processi di delocalizzazione e rilocalizzazione delle produzioni che interessano tutti i settori, tra cui l’elettrodomestico, oltre a cambiare il peso manifatturiero dei paesi in base alla domanda di mercato e alle convenienze economiche delle imprese, riducono le tutele complessive dei lavoratori.
Basta ricordare i milioni di persone scese in sciopero nelle strade nei distretti industriali di Giacarta e di altre zone dell’Indonesia, ottenendo una limitazione del lavoro precario e un aumento del salario minimo da 157 a 230 dollari il mese e imponendo l’avvio di due disegni di legge per introdurre la previdenza sociale e
l’assicurazione per malattie e infortuni (il “novecento” per loro non è un “secolo breve”). Per non parlare delle “zone economiche speciali” in Cina e negli altri paesi asiatici e del sud del mondo dove – oltre a calpestare i diritti fondamentali del lavoro – si negano la libertà di associazione sindacale e il diritto alla contrattazione
collettiva.
Berthold Huber, presidente della tedesca IG Metall e presidente di IndustriALL, ha dichiarato - in una recente conferenza internazionale tenutasi a Francoforte – che “il compito centrale del sindacato globale dell’industria è far applicare norme sociali minime al fine di umanizzare la globalizzazione". "Per questo stiamo negoziando con le aziende Accordi quadro globali per applicare condizioni minime in tutti gli
stabilimenti della stessa Corporate e nella loro catena di sub-fornitura”.
A oggi i Global Framework Agreement nei settori organizzati da IndustriALL coprono 40 imprese transnazionali. Con alcune di queste sono stati negoziati e firmati più accordi.
Ancora poche sono, invece, le imprese che riconoscono i Comitati Aziendali su scala mondiale. Per questo IndustriALL svilupperà azioni specifiche e creerà strumenti per estendere le buone pratiche, rafforzare e migliorare l’attuazione degli accordi esistenti e favorire il processo di negoziazione di nuovi accordi.
La nuova intesa con Indesit Company va in questa direzione.
Gianni Alioti, Ufficio Internazionale Fim-CislDa Il diario del lavoro
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